Di Furia alla Ars ma solo ad interim. Saltamartini chiama il Cup per 30 minuti: «L’esame non è offerto dal servizio»

Di Furia alla Ars ma solo ad interim. Saltamartini chiama il Cup per 30 minuti: «L’esame non è offerto dal servizio»
ANCONA - La notizia secca è che la Regione Marche nella seduta di giunta del 31 dicembre ha nominato a interim fino al 31 gennaio come direttore della Ars, agenzia...

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ANCONA - La notizia secca è che la Regione Marche nella seduta di giunta del 31 dicembre ha nominato a interim fino al 31 gennaio come direttore della Ars, agenzia regionale per la sanità, la dirigente del servizio Salute Lucia Di Furia. Di Furia prende il posto del pesarese Rodolfo Pasquini, fedelissimo di Ceriscioli, che a fine 2020 si è congedato con quota 100 chiudendo la sua carriera di dirigente nella sanità pubblica. 

 


La nomina di Di Furia interseca diversi piani di valutazione e segue la linea della rivoluzione fatta dall’interno scostandosi quindi dall’ala opposta in maggioranza che chiedeva a gran voce un robusto spoil system anche nelle posizioni di vertice della macchina regionale. Il tempo per la risposta è quasi maturo perché fra 30 giorni scadono quasi tutti gli incarichi tra i capiservizio. Ma intanto questo della Ars era un passaggio delicato: c’è la pandemia più che mai in corso, i numeri dei contagi non si sono fermati per la tombola e mettere le mani su un’operazione a cuore aperto del genere è materia da chirurghi. Saltamartini dopo essere partito a cento all’ora mettendo il cellulare sul sito sta continuando ad annotare le cose che non vanno e sta continuando le incursioni personali in tutti gli ambiti delle sue deleghe.


Pare che l’ultima sia stata al Cup dopo aver ricevuto una segnalazione personale di un paziente rimasto a mani vuote dopo la prescrizione di un esame del medico di base. L’ex sindaco di Cingoli ha ascoltato la musichetta dell’attesa per 30’ poi ha dato numero di impegnativa e chiesto un esame sconosciuto (radiosanità parla di una defecografia). Gli operatori hanno risposto allargando le braccia: «Veramente è un esame che il servizio sanitario regionale non mette a disposizione». Secondo step, il colloquio con il dirigente: ma voi avete comunicato ai medici di base che questo esame non è a disposizione? Altrimenti i medici di base prescrivono e alimentano la confusione. E avanti su questo tenore. 


Il problema è appunto l’operazione a cuore aperto in corso: il contrasto alla pandemia. Durante la quale non si può rinunciare a cuor leggero all’expertise di chi ha preso tutti i provvedimenti emergenziali. Poi c’è la questione della visione, di cosa cioè debba fare la Ars: vicina al depennamento nel programma di Acquaroli, ora si vorrebbe recuperare la sua valenza nella sua funzione originaria. Ovvero quella di un ente di programmazione, parallelo o sovraordinato, e non servente al Servizio con funzione di coordinamento tra le quattro aziende fin qui «repubbliche scollegate» (Saltamartini dixit) e soprattutto di controllo di gestione su efficacia ed efficienza di Asur, Marche nord, Torrette ed Inrca. Magari svolgendo anche qualche verifica ispettiva sull’appropriatezza di cure e risposte del servizio. Una pratica completamente sconosciuta venuta a galla dopo il caso del paziente (riportato da cronachemaceratesi.it) a cui lo stesso assessore ha pagato di tasca propria le cure chiedendo però approfondimenti in materia. Con queste premesse (ridare smalto alla Ars) la versione di palazzo Rossini è che Saltamartini abbia chiesto una cortesia alla Di Furia ricevendo risposta affermativa. 


La convinzione che sta maturando, condivisa con Lega, maggioranza e governatore è che non basterà cambiare il manico: se si vuole perseguire l’obiettivo macro di portare il sistema all’efficienza il lavoro è più delicato e non si risolve con una sostituzione al quarto d’ora del primo tempo. Secondo questa visione condivisa vanno cambiate le norme, va ritarata la politica degli ospedali unici (e trovare i soldi perché i project, quelli sì, sono brutalmente finiti nel cestino), vanno valorizzate una serie di professionalità. E poi bisognerà anche capire la cinghia di trasmissione tra esigenze tecniche di corsia e suggerimenti politici di corridoio. Che sembra sotto Natale si siano fatti piuttosto pressanti, come sempre, quando c’è da portare a casa una poltronissima. O buttare giù dalla torre il proprio nemico giurato, sport molto in voga tra i camici bianchi a qualsiasi latutudine politica. Dice: e quand’è che si farà giorno su questa grande riorganizzazione? Difficile che un mese basti. Ma in pentola c’è già qualcosa e tra fine gennaio e marzo la ruota muoverà i primi ingranaggi. Non solo perché c’è Covid ma c’è perché la vaccinazione è un altro campo minato e per evitare i passi falsi c’è bisogno solo di prudenza. 

 

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Corriere Adriatico