Il Comitato etico: «Manca la relazione dell’Area vasta 4. Non possiamo decidere». Una lettera senza risposta nega la morte ad Antonio

Il Comitato etico: «Manca la relazione dell’Area vasta 4. Non possiamo decidere». Una lettera senza risposta nega la morte ad Antonio
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ANCONA - «Il Comitato etico non ha risposto perché, purtroppo, al momento non ha gli elementi per prendere decisioni, altrimenti, come è successo nel caso di Mario, nel giro di 15-20 giorni un parere lo diamo». A parlare è il presidente del Comitato Paolo Pelaia, che ricostruisce le ultime tappe del calvario normativo in cui si è impigliata la battaglia di Antonio, 43enne marchigiano, malato tetraplegico da 8 anni, che ha chiesto ai giudici di ordinare all’Asur di procedere alla verifica delle condizioni richieste dalla Corte costituzionale per poter accedere al suicidio medicalmente assistito.

 

«L’area vasta 4 ha mandato al Comitato etico la richiesta per avere il parere sul suicidio assistito l’8 febbraio – riavvolge il nastro Pelaia –, indicandoci anche una commissione che avevano già nominato per valutare le condizioni fisiche del paziente. Noi abbiamo risposto il giorno seguente dicendo che, a nostro parere, quella commissione avrebbe dovuto essere integrata con un altro medico specialista in cure palliative (uno è già presente)».


La lettera inviata all’av4 del Fermano si chiude sottolineando che «l’equipe, al termine della procedura, produrrà una relazione scritta che dovrà essere trasmessa al Comitato etico della Regione». E qui si inceppa l’ingranaggio: «La relazione non è mai arrivata e non abbiamo ricevuto alcuna risposta alla nostra lettera», fa sapere il presidente. La questione delle cure palliative è dirimente: «Prima che la commissione vada a valutare i famosi punti della Corte costituzionale (che hanno aperto la strada al suicidio assistito, ndr) – spiega –, c’è bisogno di un palliativista che dica che il malato sta ricevendo una terapia del dolore adeguata. Se così fosse, infatti, il paziente potrebbe cambiare opinione: molti malati, non avendo cure palliative adeguate, soffrono e anche per questo prendono la decisione di ricorrere al suicidio assistito. È importante sapere se si stia facendo tutto per alleviare la sofferenza. Se così non fosse, allora verrebbe proposta dal palliativista una terapia del dolore idonea al paziente, che deciderà se aderire o meno a questo progetto di cura. Ci rassicura che tutto quello che può essere fatto, venga fatto». 


La palla torna quindi nel campo dell’area vasta 4 che, a quasi due mesi di distanza, non ha ancora risposto alla richiesta del Comitato etico né ha inviato la relazione sulle condizioni del paziente. Un rallentamento che non fa che prolungare le sofferenze di Antonio, in lotta per vedersi riconosciuto il diritto a morire con dignità. Per questo, con il pool di avvocati che lo segue, sta per notificare la terza diffida all’Asur al fine di sbloccare la situazione.

 

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Corriere Adriatico