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ANCONA - Le aziende agricole faticano a trovare manodopera stagionale. A rischio il raccolto estivo. A lanciare l’allarme è la Cia provinciale di Ascoli, Fermo, Macerata secondo cui «In un momento in cui produrre è diventato insostenibile a causa dell’aumento vertiginoso dei costi di materie prime ed energia – spiega il presidente Matteo Carboni - gli agricoltori si trovano ad affrontare un’ulteriore, grave, problematica rappresentata dalla carenza di manodopera».
Un problema particolarmente sentito nelle aree a prevalenza agricola «caratterizzate da produzioni quali ortofrutta, vino e olivo, che maggiormente richiedono apporto di manodopera - specifica Carboni - e per gli agricoltori sta diventando un vero e proprio calvario riuscire a reperire manodopera soprattutto ora che si sta entrando nel clou della stagione».
Le richieste
Una criticità diffusa in tutte le Marche, specie al nord dove «a breve comincerà il periodo della frutta e del portaseme - sottolinea Alessandro Taddei, presidente Cia Marche - tra un mese, un mese e mezzo al massimo entreremo in forte difficoltà».
I flussi
Altra questione nevralgica è sbloccare il decreto flussi «sia per le pratiche 2021 sia per l’emanazione del decreto 2022 - prosegue Carboni - visto che la manodopera straniera rappresenta oramai quasi il 30%. Le istituzioni devono creare le condizioni migliori affinché gli agricoltori possano continuare a produrre, nell’interesse di tutta la collettività, non più in perdita come avviene ora». «Quest’anno la stagione dei raccolti è in anticipo a causa dell’eccessivo caldo che ha accelerato il processo di maturazione delle produzioni agricole - sottolinea Maria Letizia Gardoni, presidente Coldiretti Marche - Ciò ha comportato una maggiore richiesta di manodopera da parte delle aziende agricole che necessiterebbero di circa il 50% in più dei lavoratori rispetto alle quote stabilite dal decreto flussi ma sarebbe già sufficiente che gli sportelli unici velocizzassero il rilascio dei nulla osta per i lavoratori che sono entrati in graduatoria». La collaborazione di lavoratori stranieri «è diventata strutturale nell’agricoltura marchigiana e nella maggior parte dei casi, tramite l’iniziale rapporto di lavoro stagionale, i collaboratori diventano poi a tutti gli effetti componenti delle famiglie agricole che li ospitano. Una volta in Italia - afferma la Gardoni - vengono assunti secondo le indicazioni del contratto collettivo del lavoro agricolo e dalla tutela della loro manodopera nasce la qualità del prodotto agroalimentare che i marchigiani portano sulle loro tavole». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico