Girolomoni, leader del bio: «Non temiamo gli aumenti. ​Per il grano duro abbiamo una filiera chiusa»

Giovanni Battista Girolomoni
Giovanni Battista Girolomoni, lei è presidente della Cooperativa Gino Girolomoni di Isola del Piano, leader nell’export di prodotti bio e alimentari biologici made in...

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Giovanni Battista Girolomoni, lei è presidente della Cooperativa Gino Girolomoni di Isola del Piano, leader nell’export di prodotti bio e alimentari biologici made in Italy. La vostra filiera non utilizza il grano proveniente dall’Est.


«Esattamente. Intanto perché utilizziamo il grano duro per la pasta e non il grano tenero che è quello che solitamente proviene da Russia ed Ucraina. Ma soprattutto perchè abbiamo una filiera chiusa e il grano che ci serve lo produciamo direttamente noi».
Dunque l’aumento della materia prima derivante prima dalla crisi in Ucraina e poi dal conflitto non vi coinvolge direttamente.
«Non è proprio così: le dinamiche dei prezzi coinvolgono tutte le produzioni perchè il costo di tutti cereali è collegato. Solamente in Italia c’è l’obbligo di utilizzare esclusivamente il grano duro per la pasta, in altri Paesi si può produrre anche mischiando le due varietà e quindi tutti risentiamo delle oscillazioni dei prezzi».
Quali sono le altre variabili che incidono nel settore del biologico?
«Per esempio il prezzo dei fertilizzanti chimici che è cresciuto in maniera esponenziale: noi non li utilizziamo ma l’agricoltura convenzionale sì e questo ha fatto aumentare i prezzi, senza considerare che già da un anno il grano duro aveva subito una crescita importante a causa della siccità che ha investito il Nord America, tra i principali esportatori».
In questo contesto come si muove la vostra cooperativa?
«Abbiamo dovuto ritoccare il listino dei nostri prodotti, aumentandolo del 15%, anche per far fronte agli aumenti considerevoli dei costi legati all’energia elettrica per il molino e per il pastificio».
Siete riusciti a quantificare l’aumento?
«Se il costo dell’energia dovesse restare a questi livelli abbiamo stimato circa 500mila euro di bollette in un anno. Che per la nostra cooperativa potrebbe anche significare la chiusura».
Addirittura?
«Teniamo duro un anno e vediamo cosa succede. Perchè nessuna voce è stata risparmiata dall’impennata dei prezzi. Il pallet per esempio è aumentato in pochi mesi del 100%, ma così anche le risme di carta e i cartoni per gli imballaggi».
Una voce fuori dal coro?
«Quella che riguarda il procedimento di essicazione: qui abbiamo investito per produrre calore con il cippato di legno». 
Dal Covid in poi le dinamiche sono state completamente stravolte, insomma.

«Purtroppo questa è la situazione. Ripeto, adesso andiamo avanti con tutte le nostre forze e vediamo cosa succede».

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Corriere Adriatico