OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
ANCONA - Una lunghissima giornata conclusasi con un nulla di fatto. O meglio. C’è una trattativa in corso: chiudere, se, come e quanto. Ma la notte si chiude in stand-by. C’era infatti grande attesa per il responso di ministero della Salute ed Istituto superiore di sanità sull’opportunità di introdurre misure più restrittive nella provincia di Ancona, dove l’escalation dei casi di Covid – in controtendenza con il resto dei territori della regione, anche a causa dell’incidenza della variante inglese – sta mettendo sotto forte pressione pure le strutture ospedaliere.
L’invio del rapporto
Ieri pomeriggio, il Servizio salute della Regione ha inoltrato a ministero ed Istituto un report di cinque pagine in cui viene delineata, in particolare, la situazione dell’Anconetano, ma da Roma, fino alla tarda serata di ieri, non era giunta ancora alcuna notizia. La tensione era palpabile a Palazzo Raffaello, dove è andata in scena una riunione fiume della giunta, nell’attesa di una telefonata mai arrivata.
La settimana più difficile
Nella settimana dall’8 al 14 febbraio, la provincia dorica ha registrato il tasso di incidenza maggiore nella comparazione con gli altri territori (279,17). In quei sette giorni, il limite di 250 contagi su 100mila abitanti è stato superato da Sassoferrato (con un tasso di incidenza di 1128,6), Sirolo (740,4), Castelfidardo (658,5), Castelplanio (621,6), Loreto (539,4), Osimo (315), Jesi (290,2) ed Ancona (257,2). I Comuni con la maggior presenza di casi di variante inglese sono invece Castelfidardo, Ancona ed Osimo.
L’appello finale
Il report firmato dalla dirigente del Servizio salute Lucia Di Furia si conclude con un appello alle autorità sanitarie: «alla luce dell’andamento epidemiologico sopra indicato, risulta essere problematica la situazione della provincia di Ancona. Per tale motivo, si ritiene utile avviare un confronto con i competenti uffici del ministero della Salute e con l’Istituto superiore di sanità al fine di valutare misure volte a ridurre la diffusione di Sars-CoV-2 nella popolazione e ridurre la pressione giornaliera nelle strutture ospedaliere». Aspetto, quest’ultimo, che sta diventando allarmante nei nosocomi della provincia, Torrette in primis: «la pressione ospedaliera nell’azienda Ospedali riuniti di Ancona – sottolinea il documento inoltrato a Roma – rileva, da fine gennaio, un aumento degli accessi complessivi, sia nei reparti non intensivi, sia nel triage del pronto soccorso». E se Torrette è l’ospedale più sotto stress, anche l’Inrca ha raggiunto il limite dei ricoveri e nel resto delle strutture della provincia la situazione non è molto migliore. Basti pensare che ieri, al Carlo Urbani di Jesi, c’erano 15 pazienti al pronto soccorso in attesa di essere ricoverati nei reparti Covid - come segnalato dal bollettino quotidiano del Servizio sanità – e sei a Fabriano che, da piano pandemico, sarebbe un ospedale Covid free.
© RIPRODUZIONE RISERVATA Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico