Giampaolo Giampaoli: «Tremo in ospedale, sì, farei fatica. E da cittadino non lo accetto»

Giampaolo Giampaoli: «Tremo in ospedale, sì, farei fatica. E da cittadino non lo accetto»
Rende, da sempre, la vita meno amara. Giampaolo Giampaoli, dorico, classe 1941, non si piega alle insidie del virus: «Ce la metto tutta. Certo, ci vorrebbero vent’anni...

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Rende, da sempre, la vita meno amara. Giampaolo Giampaoli, dorico, classe 1941, non si piega alle insidie del virus: «Ce la metto tutta. Certo, ci vorrebbero vent’anni di meno». Per lui, panettoni e torroni sono linfa in formato industria. «Mi sento sempre più attaccato alla vita - parla con la tenacia dell’imprenditore - al risultato. Sa, mi arrabbio più di prima». Spirito sempreverde, il suo.

Come ha reagito alla voce che negli ospedali al collasso si sacrificherebbero gli anziani ai più giovani? 
«È una scelta molto difficile e pesante. Fossi io a doverla fare non ci riuscirei. Si tratta di vite umane, di storie personali, di famiglie, figli, nipoti. Bisogna trovare una soluzione».
Non ci sta?
«E poi chi è vecchio e chi non lo è? Non sempre l’età anagrafica racconta un individuo».
Ma a qualcuno resta il cerino in mano. 
«Allora fissiamo un punto: io non sono la persona più adatta a poter fare una scelta del genere. Già quando vedo un ospedale da fuori mi tremano le gambe, sono un pessimo ammalato. Fare il medico è molto difficile, bisogna avere una convinzione dentro. Però da cittadino non lo accetto».
Cosa propone? 
«Si deve chiedere aiuto». 
A chi?
«Ad altri Paesi. Penso a un Piano Marshall della sanità. Anche allora, era il 1947, senza il sostegno degli Stati Uniti non ce l’avremmo fatta da soli a riprenderci. Ipotizzo una soluzione temporanea, per uscire dall’emergenza». 
Inutile chiederle se questo metodo di selezione dovesse riguardare lei. Vero? 
«No, non si può arrivare a fare questo. Io faccio l’imprenditore e lo farò fino alla fine, è la mia missione, il mio destino. Sono abituato a rischiare, a fare scelte difficili, ma quella di privilegiare una vita piuttosto che un’altra, no. Questo no».
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Corriere Adriatico