Attesa dopo lo stop al plasma, c’è il rischio di fughe al Nord. Ma la Regione resta ottimista

Attesa dopo lo stop al plasma, c’è il rischio di fughe al Nord. Ma la Regione resta ottimista
ANCONA  - Quando si parla di terapia al plasma come cura anti-Covid si entra in un campo sconosciuto - al confine tra etica e scienza - dove scrupolosità e tutela del...

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ANCONA  - Quando si parla di terapia al plasma come cura anti-Covid si entra in un campo sconosciuto - al confine tra etica e scienza - dove scrupolosità e tutela del paziente non sono solo principi ispiratori, ma leggi da osservare. Ma lo stop del Comitato etico alla terapia, per quanto provvisorio, è stato una doccia fredda non solo per il sistema sanitario regionale, che era pronto a dare il via alla sperimentazione, ma anche per i donatori. In tanti adesso minacciano di rivolgersi ad altri ospedali dove la cura anti-Covid è già stata avviata, come Mantova e Pavia. Hanno fretta di donare plasma per solidarietà, per dare il proprio contributo alla ricerca o perché loro ce l’hanno fatta e sperano di sottrarre i propri cari dall’incubo della malattia. Un centinaio di pazienti marchigiani erano stati selezionati per la terapia sperimentale ed era stato predisposto anche un elenco di volontari, soggetti che hanno conosciuto da vicino il Covid e hanno sviluppato gli anticorpi in grado di debellarlo. 


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Ma all’improvviso, la parziale frenata. A far scattare il semaforo giallo (non rosso: giallo) è stato il Comitato etico regionale che ha formulato - primo in Italia - un parere sospeso nei confronti del protocollo messo a punto dal professor Andrea Giacometti, direttore della clinica di Malattie Infettive di Torrette e principale investigator marchigiano nella ricerca dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Pisa, la struttura capofila dello studio clinico sulla terapia al plasma iperimmune, condotta nell’ambito dell’accordo Planet (Plasma Network) in Toscana, Campania, Lazio, Umbria e Marche. 

Nelle prossime ore è atteso il verbale in cui il Comitato riassumerà le ragioni che hanno portato a questa non-decisione (non è una bocciatura, né un via libera) e a richiedere chiarimenti e correzioni del protocollo già approvato nelle altre regioni. In speranzosa attesa è ovviamente la Regione Marche, impegnata da oltre due mesi in prima linea e investita da un frullatore mediatico che si chiede se e quando la terapia al plasma iperimmune potrà essere avviata nei nostri ospedali. Forti sono le pressioni politiche, lo stesso governatore Ceriscioli è ansioso di sapere, così come i vertici del Gores e del sistema Salute regionale: la verità è racchiusa nel verbale che il professor Pelaia sta per firmare e consegnare al professor Giacometti, illustrando le ragioni che hanno spinto il Comitato etico a chiedere chiarimenti sul protocollo. Dall’entourage di Ceriscioli emerge comunque la fiducia di poter dare risposte e fornire le integrazioni richieste in breve tempo, nell’ottica di una collaborazione a tutela del paziente, in modo da fugare le perplessità e procedere con la sperimentazione della terapia, per la quale è ormai tutto collaudato. 

Poi, certo, i tempi stringono. «Ci hanno chiamato molti volontari, stanno facendo pressione perché motivati dal desiderio di aiutare persone care che stanno male: hanno manifestato l’intenzione di andare a donare in altre regioni» spiega la dottoressa Giovanna Salvoni, responsabile del Centro Regionale Sangue che fa riferimento al Dirmt (Dipartimento interaziendale di Medicina trasfusionale) diretto dalla dottoressa Daniela Spadini e che coopera nel Planet, accordo multicentrico nato tre anni fa per il frazionamento del plasma da conferire all’industria farmaceutica. «Non abbiamo ancora raccolto plasma perché era necessario l’ok del Comitato etico, ma avevamo predisposto tutto, anche un elenco di donatori - aggiunge - resto molto fiduciosa sul fatto che verranno dati tutti i chiarimenti richiesti al professor Menichetti e al professor Giacometti. Auspico che il Comitato riveda la propria decisione e che il protocollo abbia il suo seguito, anche perché è identico a quello di altre regioni dove è stato approvato. Non sappiamo se si tratta di questioni formali o di aspetti che richiedono un approfondimento: aspettiamo tutti di leggere il verbale». 


Nel mondo scientifico è acceso il dibattito sull’efficacia e sulla sicurezza della terapia al plasma. «Il rischio infettivo è pari a qualunque altra tecnica di infusione, cioè minimo perché vengono svolti preliminarmente test sierologici e molecolari per escludere contaminazioni - conclude la dottoressa Salvoni - sull’efficacia, non ci sbilanciamo: è fondamentale che il plasma prelevato dal donatore contenga un adeguato titolo di anticorpi neutralizzanti. In passato questa tecnica ha funzionato, come per la Sars o l’Ebola. E fin qui, dove è stata fatta, la sperimentazione ha garantito risultati incoraggianti, con guarigioni anche nell’arco di 48 ore». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico