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Nonostante la barba pepe/sale, sembra ancora un ragazzino, come quando ha aperto la Madonnina del Pescatore, quarant'anni fa.
Moreno Cedroni: cosa ricorda di quel 1984?
«Non avevo la più pallida idea di dove sarei andato a parare, ma non importava. Ero troppo contento di questo nuovo locale in riva al mare. Io stavo in sala, alla cucina non mi ero ancora avvicinato. Proponevamo i grandi classici di pesce: fritture, grigliate. Poi, il tempo passa in fretta».
Già nel 2004 pubblicò il libro “Multipli di Venti”.
«Mi proiettavo verso il multiplo di venti, ed ecco, il futuro è arrivato, quasi senza che me ne accorgessi. Ma l'importante è arrivarci con la stessa freschezza e l'energia degli esordi, con in più una giusta, sacrosanta maturità».
La leggenda racconta che lei si è avvicinato ai fornelli solo nel 1990, sei anni dopo aver aperto il locale. Esattamente quando Mariella è entrata nella sua vita.
«Mi sa che fra le due cose c'è un rapporto di causa/effetto.
Pronto a ricredersi: nel '96 è arrivata la prima stella Michelin. Che effetto?
«Non me l'aspettavo, e mi lasciò stupito. Anzi, ricordo che non mi rendevo neanche conto fino in fondo di cosa significasse. Poi ho preso coscienza, e assieme è venuta la responsabilità che comporta. E nel 2006, la seconda stella, a differenza della prima, è stata una felicità, una conferma».
Consiglierebbe a un giovane di lanciarsi nella sua stessa avventura?
«Sicuramente, se si sente di farlo. È chiaro che nessuno ti garantisce che l'impresa vada a buon fine. Guardi me: non ho fatto la scuola alberghiera, sono praticamente un autodidatta, ma è andata com'è andata. È vero, di cuochi che si sono imposti, nel mondo, ce ne sono pochi, ma se un ragazzo si sente dentro questa ossessione, si deve lanciare. Però, deve avere anche una tensione fortissima a non accontentarsi, a cercare di fare sempre meglio. L'importante è andare in cerca della perfezione e provare una forte passione: questi sono gli ingredienti giusti, insieme alla logica».
E di fortuna, q. b.?
«Quanto basta, non te ne serve moltissima, non più di un 20%, purché studi e sia disposto a sacrifici e rinunce, per il tuo obiettivo».
Mai avuto dubbi nei momenti difficili?
«Abbiamo avuto l'eco della crisi tra il 2008 e il 2010, ma non avevo nessuna intenzione di scalare vette: volevo solo migliorare, crescere, senza strafare».
L'effetto pandemia?
«Dopo un iniziale smarrimento, per due stagioni estive abbiamo riscoperto gli italiani. E poi, lì è venuta fuori la coesione della squadra, che ha fugato ogni paura. Rispetto reciproco e consapevolezza di persone pronte a tutto. Anche per questo, oggi, la festa sarà molto intima, tra noi, con un brindisi alla Madonnina: per caso, il mercoledì è giorno di chiusura. Poi, con amici e clienti, avremo tempo di abbracciarci, magari attorno al nuovo menù che ho studiato per i 40 anni, intitolato a Marco Polo: da Venezia alla Cina».
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