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Il nuovo termine
Si arriverà così alla fine del 2024, nonostante il pressing di Bruxelles e le pronunce del Consiglio di Stato, che aveva indicato il 31 dicembre 2023 come termine ultimo per la liberalizzazione delle concessioni.
Ieri, dopo una riunione tra maggioranza parlamentare e Governo, i relatori al decreto Milleproroghe in discussione in commissione Affari Costituzionali e Bilancio al Senato hanno definito un emendamento che concede cinque mesi in più, fino a luglio, per la mappatura delle concessioni demaniali. Nello stesso periodo sarà vietato procedere a bandi in attesa dei decreti attuativi sul riordino della disciplina, che saranno emanati comunque entro febbraio. Si proroga poi di un anno della messa a gara delle concessioni balneari.
Il dibattito parlamentare
Il dibattito parlamentare, comprensibilmente, è seguito con particolare attenzione nelle Marche, dove il turismo balneare, sia autoctono che da fuori regione, è una parte importante dell’economia. Secondo un report di Legambiente del 2021 nelle Marche sarebbero attive - su un totale di 4.392 concessioni del Demanio marittimo - 942 concessioni per stabilimenti balneari, 114 concessioni per campeggi, circoli sportivi e complessi turistici. Le concessioni occuperebbero circa 113 km del litorale marchigiano, il 61,8% dell’intera costa, su un totale di 185 chilometri. Non a caso da anni si attua una strenua resistenza contro l’attuazione della Bolkestein. Anche di recente Federbalneari Marche, davanti alla prospettiva di messa a gara alla fine di quest’anno, aveva lanciato l’allarme per le ricadute economiche e occupazionali: «Imprese a gestione per lo più familiare, in cui lavorano circa ventimila persone, oltre agli stagionali, verrebbero pratcamente annullate». E l’attuale governo regionale, politicamente in sintonia con quello nazionale, non ha fatto mai mancare appoggio alla mobilitazione dei balneari. «La Regione Marche è al vostro fianco contro l’applicazione della direttiva Bolkenstein - aveva dichiarato l’anno scorso il governatore Francesco Acquaroli in occasione di una protesta della categoria -. Il rischio è quello di creare un danno enorme non solo alle imprese familiari che gestiscono gli stabilimenti balneari, ma al territorio stesso».
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Corriere Adriatico