Lettera choc dei primari di Torrette: «Degrado delle cure, così implode la sanità»

Lettera choc dei primari di Torrette: «Degrado delle cure, così implode la sanità»
ANCONA - Un «allarmante degrado degli standard assistenziali e di sicurezza delle cure». Il «rischio di incorrere in una grave e probabilmente irreversibile...

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ANCONA - Un «allarmante degrado degli standard assistenziali e di sicurezza delle cure». Il «rischio di incorrere in una grave e probabilmente irreversibile crisi del sistema sanitario regionale». «L’inevitabile implosione di tutta la rete sanitaria marchigiana». Uno scenario apocalittico imminente quello descritto dai primari dell’Azienda ospedaliero universitaria di Torrette, che hanno sottoscritto una lettera di fuoco per lanciare l’allarme sulla crisi che sta affrontando l’unico nosocomio dea di II livello delle Marche. Allarme ancor più inquietante se si considera che riguarda la struttura premiata per due anni di fila dall’Agenas come miglior ospedale d’Italia. Figuriamoci come sono messi gli altri.

 


I profili


A vergare la comunicazione sono otto capi dipartimento, professionisti di altissimo profilo come Michele Riccio, Marcello Tavio, Marco Di Eusanio, Andrea Giovagnoni, Marcello D’Errico, Andrea Ciavattini, Lina Zuccatosta e Paolo Balercia. Nomi a cui si aggiunge quello di Mauro Silvestrini, preside della facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Politecnica delle Marche. L’incipit della missiva lascia poco spazio all’interpretazione: «Vogliamo rappresentare l’allarmante degrado degli standard assistenziali e di sicurezza delle cure omogeneamente diffusa in tutti i dipartimenti e in tutte le discipline chirurgiche e mediche e dei servizi registrabili all’interno dell’ospedale di Torrette, a causa della perdita del numero minimo di operatori sanitari adeguati a sostenere l’operatività quotidiana».

E ancora: «La riduzione delle prestazioni e del numero di pazienti assistiti, metterà la facoltà di Medicina e Chirurgia in condizioni di non poter garantire il mantenimento dell’accesso di nuovi studenti e la formazione di specialisti nelle varie discipline mediche e chirurgiche». Secondo i primari, infatti, la crisi in corso valica i confini di Torrette e rischia di abbattersi come uno tsunami su tutto il territorio perché «il depotenziamento dell’Azienda ospedaliero universitaria delle Marche, perno su cui ruota tutta la sanità regionale, determinerebbe l’implosione di tutta la rete sanitaria marchigiana».

 
Divergenza di vedute


Ed è qui che i capi dipartimento tirano in ballo la Regione: «Dobbiamo purtroppo constatare un disallineamento delle posizioni espresse dalle autorità sanitarie regionali nei confronti delle richieste legittime della direzione generale di questo ospedale per la stabilizzazione dei precari (infermieri, tecnici e medici) e l’adeguamento della pianta organica indispensabile per poter rispondere alla mission assegnata, così come il coerente finanziamento, attualmente gravemente insufficiente». Questo imminente «disastro assistenziale», secondo i firmatari della lettera, sta emergendo con «proteste sindacali e la fuga di infermieri, tecnici e medici verso altre strutture sanitarie non solo extraregionali, ma anche all’interno della nostra stessa regione, attratti da condizioni lavorative più stabili e remunerate».

Tradotto: uno “scippo” di personale da parte delle Ast. E con una coperta sempre più corta, «l’Azienda, già costretta a tagliare 100 posti letto, rischia un ulteriore taglio di almeno altri 100 posti letto. In queste condizioni - il colpo di grazia - non sarà possibile recuperare le liste di attesa». Per mettere un freno a questa caduta libera e «scongiurare i rischi di incorrere in una grave e probabilmente irreversibile crisi del sistema sanitario regionale», i direttori chiedono «un tavolo tecnico di emergenza finalizzato alla risoluzione delle problematiche esposte, ribadendo la inderogabile necessità di un aumento delle risorse umane e finanziarie».


Il direttore generale


Una richiesta a cui il direttore generale di Torrette Armando Gozzini si dice aperto: «Se la paura non è protesta, ma crescita costruttiva, l’idea di un tavolo permanente può essere utile. Ritengo che il grido di allarme sia preventivo, per evitare una situazione futura di fuga ulteriore di figure professionali sanitarie verso altre aziende per via delle stabilizzazioni in corso e su cui una settimana fa, come direzione, abbiamo chiesto una concertazione nell’interesse del sistema». E dalla Regione «abbiamo avuto conferma che ci sia la massima attenzione verso l’Azienda, anche in riferimento ai riparti futuri». Ma il problema resta: «In questo momento abbiamo 170 stabilizzabili, ma non abbiamo i posti in pianta organica per farlo. E per ogni infermiere e mezzo che se ne va, dobbiamo chiudere un posto letto». Una sanità ormai distopica.
Martina Marinangeli
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Corriere Adriatico