ANCONA - L’incubo ha preso forma in una mattina soleggiata. Era il 4 marzo. All’improvviso, una telefonata: «Deve lasciare subito il servizio». Sono...
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«Ora mi rendo conto dell’importanza di un abbraccio», dice Lorenzo Bastianelli, 41enne di Falconara, autista del 118, costretto alla quarantena dal contatto con una paziente, risultato positivo al Covid, avvenuto durante un servizio del 26 febbraio. Guidava l’automedica di Torrette. Con lui, un medico e un infermiere (ora febbricitante), tutti sospesi dal lavoro. «La mia vita è cambiata quando il dottor Zamponi, responsabile del 118, mi ha chiamato per annunciarmi che, da protocollo, era costretto a fermarmi - racconta Bastianelli - Metto giù il telefono, guardo mia moglie Selene: capisce subito. Esco di casa, saluto da lontano lei e i miei figli, Giulia di 10 anni e Giacomo di 3. Giro a lungo in auto per riflettere. Torno a recuperare il pranzo che mia moglie ha lasciato fuori dalla porta. Dove vado? Ma sì, a casa di mia sorella. La convinco a spostarsi dai miei e io mi trasferisco là».
Comincia la dura, interminabile quarantena. «Il primo giorno è stato tosto: non avevo niente, vestiti, caricabatteria del cellulare, cibo. Pian piano mi hanno portato le provviste e i ricambi». La giornata tipo? Non passa mai. «Ho perso la cognizione del tempo - racconta Lorenzo - Faccio una doccia, leggo i giornali online, sfoglio un libro. L’attesa spasmodica è per due momenti. Alle 11, quando Selene e i bambini passano sotto casa e li saluto dalla finestra: due minuti che mi riempiono la giornata. Poi dopo pranzo, quando Giulia mi lascia il caffè sull’uscio. Un giorno mi ha portato anche un disegno con un cuoricino fatto da lei e dal fratellino: quando l’ho visto sono scoppiato a piangere, mi addormento con quel foglio in mano ogni notte. Nella solitudine, scopri quanto sono profondi i sentimenti».
«Ricevo tante chiamate da amici. Mi chiama ogni giorno anche l’ufficio prevenzione del Crass: mi misuro la febbre due volte al giorno, non ho sintomi. Un filo trasparente mi lega all’equipaggio di quel servizio: ci sentiamo, tra persone isolate ci si consola». La quarantena è per una famiglia. «Mia moglie non lavora, deve gestire due figli con asilo e scuola chiusi, senza l’aiuto dei nonni perché evitiamo contatti. La cosa che più mi dispiace è che è vittima dell’ignoranza della gente: molti la evitano come fosse un’appestata perché il marito è in quarantena. Ma si può? Per chi è abituato a stare sempre in prima linea, non è facile stare ai margini. Per questo dico: restate a casa, per rispetto di chi fa il nostro lavoro». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico