Vino biologico e vegano La novità è San Giovanni

Le bottiglie di punta di San Giovanni
OFFIDA - Non ci sono soltanto primule gialle sulle morbide colline del Piceno. Semmai girasoli. Anche gli arbusti legnosi dei...

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OFFIDA - Non ci sono soltanto primule gialle sulle morbide colline del Piceno.


Semmai girasoli. Anche gli arbusti legnosi dei vitigni sono in fiore. Nel vagabondare tra uve e flora si può arrivare all'azienda San Giovanni, a pochi chilometri da Offida, un magnifico borgo medievale ricco di tradizioni e sede, non a caso, dell'enoteca regionale. All'accoglienza c'è Gianni Di Lorenzo, fondatore, insieme al padre, della cantina. Anni Novanta. Quando "iniziammo con i primi investimenti avevamo già deciso di commerciare solo vini imbottigliati", senza ricorrere alla vendita dello sfuso. Il destino gli fa bere un datato Verdicchio Cuprese della Colonnara, che, nonostante la vetustà, regala al giovane Gianni un'esperienza stupefacente e la consapevolezza che nelle Marche si possono produrre eccezionali vini bianchi, come in Francia.



Un ricordo, che rimarrà indelebile, come una stella cometa. "Con la morte nel 2012 di mio padre sono entrato a far parte dell'azienda agrobiologica San Giovanni, proprietaria della cantina, grazie alla quale ho potuto portare avanti i miei progetti, ma sempre con la filosofia della salvaguardia dell'ambiente. Oltre al regime biologico, dal 2014, produciamo vini vegani certificati, senza prodotti animali normalmente usati nei processi enologici".



Parlando, si coglie una fede incrollabile verso i vitigni autoctoni, identità di ogni territorio. I numeri della San Giovanni sono 30 ettari di vigneto, circa 150.000 bottiglie prodotte, di cui una parte va all'estero, e una piccola produzione di olio da Ascolana e Carboncella. La provocazione è d'obbligo e Di Lorenzo, infatti, si impenna. "Il Pecorino non è una moda a scadenza. Tutti noi stiamo lavorando affinché questo non lo sia. E' un vino antichissimo, seppur di recente scoperta commerciale, la cui uva non è inflazionata, perché disciplinata in una zona ristretta. Molte aziende di Verdicchio hanno inserito un Pecorino nella loro disponibilità, per presentare tutti i migliori vini marchigiani, come frutto della stessa terra". Idee molto chiare che si traducono in due etichette di Pecorino Docg. Kiara, convincente risultato dalla splendida evoluzione, e la riserva Zagros, affinata oltre un anno in botti di rovere grandi e premiata a Montpellier con la Medaglia d'Oro. Sì, proprio in terra di Francia, come aveva sognato il giovane Di Lorenzo davanti a quel bicchiere di Cuprese. In catalogo c'è anche Marta Marche Igt Passerina, e un convincente Marta brut, a testimonianza dell'importante vena acida di questo vitigno. Nonostante la vocazione bianchista, all'ultimo Vinitaly è stato l'Offida Rosso Docg Zeii a ritirare la Gran Menzione grazie alla potenza delle sue note balsamiche. Senza dimenticare il Rosso Piceno Doc Superiore, Leo Guelfus.



"In momenti commercialmente delicati fare qualità è l'unica via possibile. Le Marche possiedono potenzialità straordinarie e capaci di produrre bianchi longevi con mutazioni temporali sorprendenti". Tra le mani di Gianni c'è il progetto per l'ammodernamento tecnologico della cantina, e, tra i pensieri, la speranza che "tutti i produttori possano identificarsi in un unico insieme Marche, mettendo al bando l'inutile parola campanilismo". Come dire? Mai fermarsi. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico