La cantina Santa Barbara lancia il nuovo "biologico"

Stefano Antonucci e Daniele Rotatori
ANCONA - La timida "S" abbraccia la sfrontata "A" per raccontare un presente di successi e un futuro già iniziato. E' il...

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ANCONA - La timida "S" abbraccia la sfrontata "A" per raccontare un presente di successi e un futuro già iniziato.


E' il logo di Stefano Antonucci, energia vitale della cantina Santa Barbara nell'omonima cittadina, tra il Misa e il Nevola. Matematico e folle insieme, affinché le sue scelte in enologia siano in perenne equilibrio tra il rifiuto irrispettoso della logica omologata e l'enfatizzazione della stravaganza, sa essere anche generoso. Il 13 giugno, insieme a Mauro Uliassi e al suo famoso panino alla porchetta, ha aperto le porte del proprio regno di botti per devolvere l'intero ricavato all'acquisto di un’auto utilizzata dai medici dello Iom Vallesina per l’assistenza domiciliare.



L'eterno discolo, che ama più le tagliatelle e le polpette che le spume e l'azoto liquido, gioca con scaltrezza con i frutti della vite. Innamorato del Verdicchio dei Castelli di Jesi, che ogni tanto tradisce con il Sauvignon, Antonucci è convinto che si debbano fare Verdicchio mai banali, giovani anche tra anni, fuori dalle regole, ma sempre tesi alla perfezione strutturale. Così, dopo aver segnato la storia dell'autoctono jesino con le etichette simbolo Le Vaglie o la riserva Docg che porta il suo nome, eccolo percorrere una via nuova. I vini biologici, vinificati come quando tutto era affidato all'esperienza e la tecnologia era solo futuribile. Ad Antonucci non interessa seguire le mode, perché è egli stesso tendenza. "Ho fatto centinaia di assaggi di bottiglie biologiche e biodinamiche insieme al responsabile di cantina Daniele Rotatori, racconta Stefano, per ricavarne l'idea che spesso sono prodotti imbevibili per lo spunto acetico e lo spiacevole atterraggio nasale".



Così, dopo estenuanti prove, nasce il Verdicchio naturale, "Back to Basic", letteralmente "Ritorno alla Base", prodotto in poco meno di duemila bottiglie, ma "che, per l'annata 2014, saranno un migliaio in più". Per il primo biologico di Santa Barbara "abbiamo scelto la lavorazione più istintiva possibile, spiega Daniele Rotatori, fautore del progetto insieme all'enologo Lorenzetti, a partire dal lungo contatto del mosto con i lieviti indigeni delle bucce e con la temperatura lasciata libera di agire. Poi imbottigliamo evitando travasi, per ottenere un prodotto non filtrato".



Una etichetta coraggiosa e incosciente, un sfida ai mercati che attribuiscono al vino non limpido, una bugiarda mancanza di qualità. E', invece, un opaco affascinante, quello che si ritrova nel bicchiere, che fa discutere, ma che non rinuncia nemmeno un istante alla splendida trama gustativa propria dei Verdicchio. Spinto da questo entusiasmo mattutino, Antonucci regala la notizia che sta preparando un Back to Basic Rosso, affinché tutto sia "un ritorno alle origini per spiegare le radici dell'amore sensuale tra le Marche e i suoi frutti". Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico