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USSITA - La voglia di restare nella terra dove si è nati non è sempre legata al tempo trascorso in quei luoghi. A volte anche un attimo può bastare per capire di essere legati a doppio filo a quel posto. Si pensa spesso - erroneamente - che nelle montagne ferite dal sisma siano solo gli anziani a voler restare. Ma non è così. Federica Grasselli ne è una dimostrazione. Trentacinque anni, un marito e due figli. La più piccola è nata nel 2018, quando i suoi genitori erano già tornati a Ussita, nella Sae dove vivono tuttora.
Una casetta di 60 metri quadrati dove la piccola di 4 anni non ha nemmeno una stanza tutta per sé. Ma quello che conta è il luogo, anche se Federica Grasselli ammette: «Non ci avevano detto che avremmo dovuto attendere così a lungo per riavere la nostra casa».
Il racconto
«Quando c’è stato il terremoto avevamo casa sistemata da poco - racconta Federica Grasselli -. La cucina aveva due mesi di vita e posso dire di non averla mai usata davvero. Nel periodo dell’emergenza ci siamo trasferiti in un hotel di Porto Sant’Elpidio insieme a nostro figlio che all’epoca aveva dieci anni.
Il rientro
All’epoca, però, Federica e la sua famiglia non lo sapevano. «Abbiamo comunque dovuto ricominciare - dice -. Siamo tornati a Ussita ma era tutto diverso: la nostra casa non era quella che avevamo lasciato e la comunità non c’era più. A volte cerco di non farci caso - confida - ma basta guardarsi intorno e vedere che non c’è alcun cenno di ricostruzione. Io, però, soprattutto guardando i miei figli, non voglio scoraggiarmi e la speranza di tornare a vivere quello che finora abbiamo lasciato nel baule dei ricordi è ancora viva». Nonostante le difficoltà siano tante, infatti, Federica non se la sente di dire che se avesse saputo di dover aspettare tutto questo tempo non sarebbe tornata. «Con il senno di poi non so cosa avrei fatto - ammette -, amo questo posto profondamente. Ma le difficoltà sono tante. Nel frattempo i miei figli sono cresciuti: la piccola non ha nemmeno una stanza dove dormire. Sta nel lettone con noi e il soggiorno si è trasformato nella sua stanza di giochi. Ma quando vedo gli amici di mio figlio che vivono sulla costa e hanno una profonda nostalgia di questi luoghi, penso che forse non ho sbagliato a prendere questa decisione. D’altronde - conclude - noi possiamo ancora credere di rivedere le nostre case. Mi dispiace invece per gli anziani che hanno la consapevolezza di non poter avere questa fortuna».
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Corriere Adriatico