Civitanova, centinaia di agricoltori sui trattori in corteo contro l’Europa: «Va favorita la produzione interna»

Catinari: «Nessun confronto con i sindacati»

CIVITANOVA Più di cento trattori, oltre il doppio di manifestanti tra bandiere tricolore e slogan scritti su cartelli e striscioni: è andata in scena ieri nella zona...

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CIVITANOVA Più di cento trattori, oltre il doppio di manifestanti tra bandiere tricolore e slogan scritti su cartelli e striscioni: è andata in scena ieri nella zona commerciale di Civitanova la protesta degli agricoltori. In città si sono riuniti produttori e allevatori delle province di Macerata, Fermo e Ascoli. Qualcuno è arrivato anche dalla provincia di Ancona, dove è in programma nelle prossime settimane un’analoga manifestazione. E, sempre ieri, in diverse regioni italiane sono scesi in strada imprenditori agricoli.

 

Il settore

Dito puntato contro le politiche agricole dell’Unione Europea: dal vincolo delle “fasce tampone”, una percentuale dei campi che deve rimanere incolta, fino all’ingresso sul mercato di prodotti come le farine da insetti. Chiesta l’esenzione dei terreni agricoli dall’Irpef, che è stata introdotta anche dalla Regione Marche. E poi si vuole una nuova regolamentazione dell’import e dell’export dei prodotti agricoli. Agricoltori molto critici nei confronti delle sigle sindacali e delle associazioni di categoria, colpevoli - secondo loro - di non averli tutelati da questa burocrazia europea.

I problemi

Ogni due ore, è andato in scena un piccolo corteo di trattori dalla rotatoria di via Sella a quella Paciotti. Limitati i disagi al traffico (solo qualche decina i mezzi in movimento) grazie anche alla presenze delle forze dell’ordine. La protesta, a livello nazionale, è stata spontanea. «I problemi sono tanti – dice Rossano Catinari, agricoltore che ha fatto da tramite con la questura per le autorizzazioni – parlando tra noi e contattando i colleghi di altre regioni, è nata l’idea di manifestare. Purtroppo è mancato il confronto con i sindacati, nessuno ci ha consultato, nessuno ci ha ascoltato. E, come vedete, qui non ci sono bandiere, non c’è la politica. Non ci sono leader, solo agricoltori. Manifestiamo cercando di non creare disagi ma c’è chi scalpita per forme più dure. L’Europa ci impone di lasciare incolto il 4% dei nostri campi e non si capisce il perché. Nel frattempo promuove farine di insetti e carne sintetica». Gli fa eco Moreno Paolucci, agricoltore ma anche perito agrario che fa consulenza: «Fino al 2006 l’agricoltura provinciale si teneva sulle barbabietole. Ora produciamo cereali e ortaggi mentre ci sono allevamenti bovini e ovini. Con la riforma europea, sono stati ridotti i contributi Pac di 100 euro a ettaro. Ma il vero problema sono i prezzi. Non avremmo bisogno di contributi se il grano venisse pagato 50 o 60 euro a quintale. Cosa potrebbe fare l’Europa? In primis, favorire la produzione interna: in Italia si mangi grano italiano, se non basta si importa, se avanza si esporta».

 

 

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Corriere Adriatico