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PORTO RECANATI - Una villa vista in un annuncio pubblicato da una agenzia immobiliare del territorio, l’impressione di aver trovato la location giusta per realizzare l’investimento che avevano in mente: una struttura ricettiva con ristorante b&b e centro benessere in cui far lavorare donne vittime di violenza fisica e psicologica “per dar loro la possibilità di un recupero iniziando appunto dal lavoro”, come dicono le protagoniste di questa vicenda che peraltro sono state a loro volta vittime, Felicità Romagnoli e Ilaria Giudici.
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Correva l’anno 2013 e le due donne prendono in affitto l’immobile per quattro anni più quattro.
Il giudice fissa la vendita all’asta e il curatore chiede la consegna dell’immobile mentre le donne chiedono 3 e rotti milioni di risarcimento danni. Causa civile in corso da alcuni anni, nell’ultima udienza il giudice ha chiesto alle due donne di restituire l’immobile proponendo una transazione per cui vengono tagliati gli affitti sospesi da un paio di anni, ma escludendo il risarcimento dei soldi spesi e tantomeno la possibilità di acquisto con la formula citata. A giugno nuova udienza per la parte legata all’azione della curatela fallimentare che chiede di rientrare nel possesso dell’immobile con una palese prospettiva di sfratto per le due donne nonostante i soldi finora versati e gli interventi edili messi in opera.
Operazione che arriva dopo che alle due donne è stata negata la residenza nell’immobile in questione ed è stato negato l’utilizzo dell’immobile per l’attività, prevista nel contratto di locazione. Altro fronte la causa civile con la richiesta di risarcimento dei danni (3.5 milioni di euro) chiesti da Ilaria Giudici e Felicità Romagnoli per l’attività non svolta in questi anni, i danni morali e patrimoniali patiti. Gli anni passano in attesa della verifica delle ragioni sulla questione della villa che doveva diventare una struttura ricettiva con un fine anche sociale.
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Corriere Adriatico