Tenore di vita elevato per i familiari. «Ma Rosina viveva con pochi euro». I risultati delle ​verifiche contabili

Rosina Carsetti
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MONTECASSIANO - Saranno analizzati la mattina del prossimo 23 febbraio a Roma nei laboratori dei Ris i guanti sequestrati il 7 gennaio scorso ad Arianna Orazi. Si tratta dei guanti in pelle che il figlio, Enea Simonetti, aveva dimenticato in caserma la notte del 24 dicembre subito dopo l’omicidio della nonna Rosina Carsetti e che erano stati rubati dalla madre la mattina del 7 gennaio quando lei, il padre Enrico e il figlio furono convocati in caserma per essere sottoposti a interrogatorio.

 

 

Mentre era in attesa del suo turno nell’ufficio di un carabiniere, la 48enne aveva aperto un armadio, aveva preso i guanti e se li era nascosti addosso. Poco dopo, il tempo di raggiungere lo studio dei propri avvocati Andrea Netti e Valentina Romagnoli, e Arianna e il figlio furono rintracciati dai militari e riportati in caserma dai carabinieri che si erano accorti del furto.
Invitati a dire cosa avessero preso e a restituirlo, Arianna, sfilò da una tasca i guanti dicendo che li aveva presi perché del figlio. Su Arianna ed Enea, e su Enrico Orazi (marito di Rosina),la Guardia di finanza ha effettuato mirati accertamenti di natura patrimoniale che hanno portato alla luce dati «interessanti», ha ribadito ieri il procuratore Giovanni Giorgio. 

 


«La loro attività ci ha consentito di ricostruire il tenore di vita della famiglia Orazi, risultato essere molto elevato, in particolare Arianna e il figlio Enea avevano nella loro disponibilità auto e telefonini di prim’ordine, inoltre avevano spese significative, circostanza che abbiamo ritenuta importante nell’ambito delle indagini svolte. Abbiamo ricostruito flussi finanziari degli ultimi mesi: circostanze che sono entrate come ulteriori tasselli nel mosaico investigativo». Da quanto emerso dalle indagini, le ristrettezze di cui parlavano i familiari di Rosina legate al Covid avrebbero avuto ripercussioni solo sull’anziana, costretta a vivere, senza auto, senza telefonino e, in base a quanto raccontato dalle amiche, con 10 euro al mese, tanto che si era attivata una rete di solidarietà attorno alla 78enne per cui chi poteva le dava qualcosa o le comprava oggetti di cui lei si liberava per avere liquidità. Il «Ci costi 5.000 euro l’anno», urlatole dal marito Enrico durante un litigio registrato dal nipote, ovvero 416 euro al mese ammesso che davvero i familiari abbiano fatto un calcolo esatto dei soldi che davano a Rosina, stride con le spese sostenute dai familiari, ovvero i lavori a casa, inclusa l’alta recinzione, l’acquisto il 15 gennaio 2020 di una Jeep Wrangler al prezzo di 56.700 euro e, il 9 dicembre, di una moto TM Racing pagata 2.150 euro (presa con una permuta). 


Da quanto emerso alla base dei maltrattamenti verso Rosina ci sarebbero, dunque, discussioni per questioni economiche. Discussioni e maltrattamenti di cui tutti gli amici e le amiche della 78enne erano al corrente tranne il figlio della vittima, Enea Orazi, che vive con la propria famiglia e che aveva ospitato per settimane i parenti a casa. «Le dichiarazioni di Enea Orazi circa i buoni rapporti tra la madre e la sorella – scrive il gip Giovanni Manzoni nell’ordinanza – appaiono frontalmente smentite da tutte le asserzioni degli amici. Dovendosi ipotizzare o un suo atteggiamento dolosamente omertoso e teso a favorire gli odierni indagati o quantomeno una totale assenza di dialogo con la madre». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico