Scatta la terapia con gli anticorpi monoclonali: firmato il protocollo per l’Area Vasta 3

Il primario Alessandro Chiodera
MACERATA  - Cura del covid con gli anticorpi monoclonali, firmato ieri il protocollo per l’individuazione e la gestione dei pazienti nell’Area Vasta 3. Lo rende...

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MACERATA  - Cura del covid con gli anticorpi monoclonali, firmato ieri il protocollo per l’individuazione e la gestione dei pazienti nell’Area Vasta 3. Lo rende noto Alessandro Chiodera, primario del reparto di Malattie Infettive di Macerata. Un passaggio burocratico assolutamente necessario per rendere percorribile questa terapia che, dai dati di studi condotti negli Usa e dal riscontro sul loro utilizzo ormai consolidato oltreoceano, riduce in maniera molto significativa il decorso grave della malattie, evitando così il ricorso a terapie intensive. 

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Gli anticorpi monoclonali vanno somministrati nella fase iniziale dell’infezione, prima che degeneri in polmonite, nei soggetti a rischio. Per individuare tale tipologia, oltre alle indicazioni dell’Aifa, serve il parere di chi meglio di tutti conosce il paziente. Ecco così che il protocollo firmato ieri indica le linee da seguire, con un accordo tra medici di base, Usca e distretti sanitari.

«Sono stati individuati tre referenti, uno per ogni ospedale dell’Area vasta 3 – spiega Chiodera – io per Macerata, Umberto Berrettini per Camerino e Lorenzo Marchegiani per Civitanova. Finalmente nelle Marche la somministrazione di anticorpi monoclonali è, da oggi (ieri per chi legge), una strada percorribile. Conto già di effettuare la prima infusione a Macerata proprio domani (oggi per chi legge). Era necessario avere un protocollo chiaro con tutti i soggetti della medicina territoriale». In realtà i flaconi di questi farmaci sono da settimane arrivati nelle Marche. Si trovano all’ospedale delle Torrette di Ancona pronti ad essere consegnati. «A quanto mi risulta, qualche infusione c’è già stata nelle Marche. Ma ora la terapia, con il protocollo definito, può partire a regime ed in maniera continuativa. Purtroppo è stato necessario un po’ di tempo per arrivare a definire tutto il percorso, per di più in un momento in cui la priorità è rappresentata dall’organizzazione delle vaccinazioni. Ma ora possiamo partire». Chiodera spiega come questi anticorpi rappresentino una prevenzione delle forme acute della malattia. Ma non può essere somministrato prima dell’infezione, come un vaccino, perché non protegge.


Né quando il covid provoca gravi crisi respiratorie, polmoniti o tutte quelle conseguenze che determinano una terapia intensiva. «Gli anticorpi monoclonali vanno infusi con una flebo nella prima fase della malattia, con un tampone positivo e sintomi lievi. Ma non vanno somministrati a tutti indistintamente perché, come sappiamo, si può uscire dall’infezione senza bisogno di cure ospedaliere nella maggior parte dei casi. Bisogna individuare quei soggetti fragili, con patologie pregresse che di solito il covid aggredisce di più. Persone a rischio che saranno indicate da medici di base e Usca. La somministrazione va fatta in ospedale. Serve un’ora di infusione e un’altra di sorveglianza».

 

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Corriere Adriatico