L’omicidio di Rosina, Arianna ed Enea fanno scena muta davanti al giudice

Rosina Carsetti
MACERATA - Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere madre e figlio davanti al giudice per le indagini preliminari Giovanni Maria Manzoni. Ieri mattina per la 48enne...

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MACERATA - Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere madre e figlio davanti al giudice per le indagini preliminari Giovanni Maria Manzoni. Ieri mattina per la 48enne Arianna Orazi e per il figlio 20enne Enea Simonetti, si sono svolti gli interrogatori di garanzia, per la madre che da venerdì è reclusa nel carcere di Villa Fastiggi a Pesaro, di persona mentre per il figlio che ieri aveva alcune linee di febbre l’udienza si è svolta dal carcere di Montacuto ad Ancona via Teams.

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Entrambi però hanno scelto di fare scena muta. Con la speranza di poter vedere la figlia ieri, poco prima delle 14, anche il padre Enrico Orazi che con i familiari (ma lui a piede libero) è indagato dell’omicidio pluriaggravato della moglie Rosina Carsetti avvenuto il pomeriggio della vigilia di Natale, ha raggiunto il palazzo di giustizia maceratese. Ha schivato i giornalisti che erano all’esterno del tribunale ed è entrato. Lì ha atteso per diversi minuti. «Stavo aspettando ma non me la fanno vedere», ha detto ai militari che erano lì accanto a lui, riferendosi alla figlia. Poi al termine delle udienze ha parlato con i legali Andrea Netti e Valentina Romagnoli ed è andato via. «Andremo a trovare Arianna ed Enea a breve in carcere – ha anticipato il legale Netti –. Sull’ordinanza al momento non abbiamo considerazioni da fare, ci sono circa tre faldoni che dobbiamo analizzare. I nostri assistiti sono distrutti. Enrico voleva sapere come stava la figlia e il nipote».

Arianna ed Enea sono stati arrestati all’alba di venerdì scorso, i carabinieri li hanno raggiunti all’interno del negozio di autoricambi di Macerata dove si erano trasferiti dal giorno prima (in precedenze erano stati ospiti del fratello di Arianna, Enea Orazi) e dove avevano dormito su un divano. A tutti e tre i familiari il procuratore Giovanni Giorgio e il sostituto Vincenzo Carusi contestano diversi reati, il più pensante l’omicidio premeditato pluriaggravato di Rosina (al marito Enrico invece non viene contestata la premeditazione), ma anche i maltrattamenti in famiglia, la simulazione di reato, la rapina (avrebbero sottratto a Rosina 100 euro che le erano state regalate da un’amica), mentre a madre e figlio viene contestata l’estorsione (avrebbero costretto l’anziana a cedere la sua quota di proprietà della villetta al nipote col ricatto che solo così sarebbe rientrata in possesso della sua auto, ma il mezzo dopo una settimana le era stato tolto).

Solo Arianna deve rispondere anche di violenza privata (aveva sottratto alla mamma il telefono Brondi che le era stato regalato da un’amica) e induzione a non rendere dichiarazioni (dopo che il figlio Enea aveva cambiato la sua versione il 25 aprile, lo aveva indotto a non rendere dichiarazioni al sostituto procuratore Carusi nel corso dell’interrogatorio del giorno di Natale). 



Le accuse sono macigni sui familiari di Rosina incastrati da intercettazioni che non lasciano spazio a interpretazioni. A quelle già emerse nei giorni scorsi si aggiungono altre, Arianna Orazi temeva di essere intercettata: «Anche qua dentro (era il 3 gennaio ed erano in bagno, ndr) parliamo piano, stimo zitti, perché noi non sappiamo se è tutto un trucco e hanno messo qualcosa qua dentro», aveva detto al figlio. Per questo utilizzavano foglietti per comunicare e parlavano con toni bassissimi, «Bisogna stare attenti a parlare al telefono», si sarebbero detti già il giorno dopo l’omicidio, il 25 dicembre.
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Corriere Adriatico