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La richiesta è stata notificata ai familiari dei Canullo e la sorella e il fratello di Angela Maria Moretti hanno presentato opposizione. Ora dovrà essere fissata l’udienza di discussione. La tragedia. Il 6 settembre del 2021 gli agenti della questura e i vigili del fuoco, dopo aver forzato il lucchetto del cancello carrabile e poi la porta d’ingresso dell’abitazione in borgo Santa Croce, 72 dove vivevano l’ex imprenditore 80enne Eros Canullo, la moglie Angela Maria Moretti, insegnante in pensione di 77 anni, da un anno allettata a seguito di un ictus, e il loro unico figlio Alessandro, 54 anni invalido dopo un gravissimo incidente avuto da ragazzo, trovarono i cadaveri di padre, madre e figlio in avanzato stato di decomposizione. A dare l’allarme era stata la sorella di Angela Maria, che da anni vive a Milano, dopo che non era riuscita più a mettersi in contatto con i parenti.
L'autopsia
Dall’autopsia emerse che Eros Canullo morì d’infarto, mentre la moglie e il figlio entrambi non autosufficienti morirono lentamente di inedia.
«Vicenda triste»
Ora però, per il pm non ci sarebbero nei loro confronti profili di colpa, ma « questa triste vicenda – scrive il magistrato nella richiesta di archiviazione – è stata purtroppo determinata da una fatale serie di sfavorevoli circostanze e involontari errori di valutazione che si sono innescati a partire dalla richiesta di soccorso formulata, ahimè, in modo sbagliato da Canullo Alessandro e che poi, di conseguenza, ha determinato lo sviamento di ogni valutazione nella gestione di tutto l’intervento di emergenza». L’operatore del 118 che aveva parlato con Alessandro avrebbe capito che c’erano due persone svenute a terra in strada sulla SS77 all’altezza del negozio di ricambi Piangiarelli, poi Alessandro avrebbe parlato di “corta”, anzi di “lunga” per Villa Potenza. Per la Procura le ricerche in strada furono «accurate, prolungate ed estese», poi quando dopo mezz’ora la telefonata fu localizzata 118, Croce Verde e più tardi la Volante arrivarono davanti casa dei Canullo. Non trovarono persone in strada da soccorrere, ma solo una casa apparentemente disabitata «avvolta da folta e incolta vegetazione, priva di un campanello o citofono esterno».
L'incognita
Ma su tutto resta un’incognita: se l’operatore abbia informato o meno che la richiesta di aiuto era stata fatta da un’utenza fissa. L’infermiera del 118 risentita a giugno 2022 disse di non ricordare, il coordinatore della sala radio del 118 (indagato) disse di averlo detto all’equipaggio ma nelle chiamate dalla centrale del 118 (registrate) non emerge. Il capo pattuglia (indagato) ha detto che nessuno li aveva informati di questo e che le indicazioni ricevute parlavano della ricerca di due persone distese a terra per strada e questo, scrive il pm «è confermato dal contenuto della relazione di servizio e dalle dichiarazioni raccolte in atti. Come è pacifica la circostanza che la polizia fosse arrivata più tardi rispetto all’equipaggio sanitario che già aveva valutato che lì non ci potesse essere nessuno». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico