Lo sfogo della mamma di Pamela: «La scarcerazione di uno dei nigeriani? Fulmine a ciel sereno, mi fa stare male»

Pamela Mastropietro
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MACERATA - «La procura generale di Ancona aveva avviato delle indagini contro ignoti per l’eventuale concorso di qualcun altro nell’omicidio di Pamela. Se un domani dovesse venir fuori una eventuale partecipazione ai fatti da parte di Awelima, di qualsiasi natura e in qualsiasi momento di quella tremenda catena delittuosa, chi lo “andrebbe a riprendere” in Nigeria? Partecipazione già esclusa, per carità, ma è lecito continuare a nutrire dei dubbi in tal senso».

 

La famiglia di Pamela si pone delle domande dopo la scarcerazione di Lucky Awelima, il nigeriano inizialmente coindagato con Innocent Oseghale per l’omicidio della 18enne Pamela Mastropietro, avvenuto il 30 gennaio del 2018. Nelle indagini, però, emerse la sua estraneità al delitto e la posizione venne archiviata. Ma ad aprile di quello stesso anno finì in carcere per ripetuti episodi di spaccio avvenuti a Macerata. 
In primo grado Awelima, proprio con l’accusa di spaccio, venne condannato a 8 anni, ma in Appello la pena scese a quattro anni e otto mesi in quanto era caduta l’aggravante delle cessioni di droga vicino a una scuola. Il caso finì in Cassazione, che annullò la sentenza di secondo grado rinviando alla Corte d’Appello di Perugia. I giudici umbri venerdì scorso lo hanno condannato a quattro anni e sei mesi. Ed essendo venute meno le esigenze cautelari, è scattata la scarcerazione: nei suoi confronti è stato disposto il rimpatrio in Nigeria. «La notizia della scarcerazione di Awelima - dice la famiglia di Pamela - è stato un fulmine a ciel sereno, anche se, al dunque, sapevamo che prima o poi sarebbe accaduto. Il nigeriano, con Lucky Desmond, era stato inizialmente coindagato con Oseghale per i demoniaci fatti accaduti in via Spalato. Awelima era stato però condannato comunque per spaccio di sostanze stupefacenti, ma la sua pena era stata ridotta in Appello perché, a dire dei magistrati di secondo grado, non sarebbe sussistita l’aggravante di questa attività criminale (lo spaccio) davanti alla scuola, che invece era stata contestata nel giudizio precedente. Così, in questi giorni, sono scaduti i termini per la custodia in carcere». 


«Il nigeriano, a quanto pare, verrà rimandato nel suo Paese. La cosa, vista la pericolosità della persona, non ci dispiace affatto - prosegue la famiglia della 18enne romana -, ma dobbiamo tenere conto dell’indagine avviata dalla Procura generale di Ancona sui presunti complici di Oseghale». Tra l’altro presto potrebbe uscire dal carcere anche Lucky Desmond, pure lui scagionato dal delitto di Pamela ma condannato per spaccio. Per quanto riguarda Awelima, la mamma di Pamela, Alessandra Verni, non ha nascosto la rabbia per la notizia della scarcerazione. «Questa notizia - dice - mi fa stare male: il nigeriano non può essere lasciato libero in Italia, ma anche il rimpatrio, proprio alla luce di eventuali novità che dovessero emergere sul delitto, è un rischio. L’unica soluzione era lasciarlo dentro». La famiglia di Pamela fa poi una riflessione. «Se Awelima è davvero estraneo ai reati per i quali Oseghale è stato condannato, la Procura ha iscritto quest’ultimo nelle notizie di reato per calunnia? Ciò perché all’inizio egli aveva più volte accusato gli altri due connazionali inizialmente indagati con lui. Perché, delle due cose, l’una. Tertium non datur, come si suol dire». 

 

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Corriere Adriatico