Condanna per le rette non pagate, ora il Comune versa 336mila euro. La vicenda risale a ben 31 anni fa

il Comune di Monte San Giusto
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 MONTE SAN GIUSTO - La spada di Damocle è caduta. Lunedì sera il consiglio comunale ha approvato il debito fuori bilancio da 336mila euro conseguente all’avvenuta condanna per l’annosa vicenda del mancato pagamento delle rette di un bambino disabile che era stato ospitato per anni dalla comunità Papa Giovanni XXIII di Rimini. 

 
 
Una vicenda iniziata addirittura nel 1991 e che ha trovato nei mesi scorsi la sua parola fine a livello giudiziario. Il Comune asseriva che a farsi carico di parte delle somme dovesse essere l’Asur in quanto ente erogatore dei servizi ad indirizzo del soggetto, nel frattempo diventato maggiorenne. La linea però non è passata e così il Comune è stato condannato dal Tribunale di Ancona lo scorso 24 ottobre al pagamento di tutte le fatture non versate nel corso degli anni.

«Il Comune non aveva più pagato nulla, ma nel contempo negli anni le amministrazioni che si sono succedute hanno iniziato precauzionalmente ad accumulare dei fondi in caso ci fosse stata una condanna, come poi effettivamente è successo – ha spiegato l’assessore al bilancio Mauro Spinelli –. La situazione era arcinota, anche noi abbiamo impegnato negli anni risorse ulteriori per cui è vero che matura un debito fuori bilancio, ma ci sono già le risorse per pagarlo, non c’è alcun problema per le casse comunali». Anche l’opposizione ha preso atto dell’andamento del caso, pur astenendosi nella votazione (facendo storcere non poco il naso al sindaco Andrea Gentili). 
 


«Siamo tutti consapevoli che è il conto che arriva dopo una lunghissima vicenda – ha rimarcato Romina Tortolini del Centro Destra Sangiustese – non si vedono neanche grandi presupposti per presentare appello o altri spiragli. L’unico consiglio che mi sento di dare per casi come questi è quello di cercare di instaurare un dialogo con la comunità Papa Giovanni per trovare strade alternative. Il Comune si trova a pagare soltanto perché il soggetto all’epoca dei fatti era residente qui». 

 

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Corriere Adriatico