La mamma di Pamela si prepara all’Appello bis: «Quanto sconforto dopo la sentenza. Oseghale non merita sconti di pena»

Alessandra Verni
MACERATA  -«Non smetterò di combattere. So di avere tanta gente al mio fianco». Alessandra Verni, la mamma di Pamela Mastropietro, si fa forza dopo la...

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MACERATA  -«Non smetterò di combattere. So di avere tanta gente al mio fianco». Alessandra Verni, la mamma di Pamela Mastropietro, si fa forza dopo la sentenza della Suprema Corte di Cassazione che ha rinviato gli atti alla Corte d’Assise di Perugia affinché si pronunci sulla violenza sessuale ai danni della diciottenne. 

 

 
Accanto alla donna, dopo una sentenza che le ha lasciato l’amaro in bocca, ci sono tante persone che, con una chiamata o un messaggio, continuano a sostenerla. «Abbiamo ricevuto moltissima vicinanza - confida - . Subito dopo la sentenza della Cassazione è stato un susseguirsi di messaggi e telefonate da parte di tantissime persone». Questa la reazione dell’opinione pubblica non appena si è diffusa la notizia che la Cassazione avesse richiesto un appello bis per lo stupro. Qualora, infatti, la violenza non dovesse essere confermata, la pena per il pusher nigeriano potrebbe diminuire. E l’indignazione tra la gente si è fatta più forte. «Nelle ore successive alla sentenza c’è stata molta confusione - racconta Alessandra Verni - , perché le notizie riportate sull’esito erano state, in alcuni casi, inesatte. Addirittura è stato detto che l’ergastolo fosse stato confermato». 


«Dall’iniziale euforia - prosegue Alessandra Verni - la gente ha capito la reale situazione e ha iniziato a scrivermi desolata, affranta. Molti non se ne capacitano e mi chiedono cos’altro servisse per accertare la violenza sul corpo di Pamela. Lo sconforto della gente - dice la mamma della giovane - è stato anche il mio, il nostro». Nonostante la delusione e l’amarezza, però, Alessandra Verni guarda avanti. «Parlando con il mio avvocato (Marco Valerio Verni, ndr), ho capito che non tutto viene per nuocere: approfitteremo dell’appello bis per dimostrare ancora più dettagliatamente che mia figlia è stata violentata e che Oseghale non merita sconti di pena. Non si tratta di giustizialismo, ma di giustizia. Per altro verso - aggiunge - , ho capito che il grande risultato è stata la conferma dell’omicidio: Pamela è morta per le coltellate che le sono state inferte da Oseghale, che poi l’ha fatta a pezzi in quel modo tremendo, l’ha lavata con la candeggina e messa in due trolley abbandonati sul ciglio della strada». 
Lo strazio della donna nel ripensare alla morte della figlia non ha fine. 


«Mi domando ancora perché si sia premurato di tagliarla a pezzi in quel modo - dice - e di lavarla in maniera molto accurata, se non per nascondere anche le tracce della violenza. Sono costernata - confida - . Due Corti d’Assise avevano riconosciuto tutto, ma la Cassazione, a quanto pare, ha avuto dei dubbi su questa parte». Oltre a questa sofferenza, la famiglia di Pamela è costretta a fare i conti anche con commenti provocatori sui social.

«Non sono mancati - dice - i commenti di chi ancora mi accusa per il mio look o si chiede dove fossi stata prima della tragedia. Non auguro a nessuno di trovarsi con un figlio in certe situazioni - dice Alessandra Verni - . Prima di parlare bisognerebbe riflettere. Non mancano nemmeno gli sciacalli - accusa - che sulla storia di Pamela continuano a cercare visibilità o tornaconto personale. Ma questa è un’altra storia. Personalmente - annuncia - , non smetterò di combattere. Per Pamela ma, ora ancora più di prima, per le tante donne vittime di violenze non punite o non punite a dovere».

 

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Corriere Adriatico