Dopo 23 giorni esce dall'incubo del Covid center: «Ora per me è il luogo della speranza»

Marco Marini
CIVITANOVA - Da luogo dell’angoscia e della paura a luogo di speranza, grazie soprattutto agli operatori che vi lavorano. Il riferimento è al Covid center dove, in...

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CIVITANOVA - Da luogo dell’angoscia e della paura a luogo di speranza, grazie soprattutto agli operatori che vi lavorano. Il riferimento è al Covid center dove, in questi mesi, si sono consumate tragedie ma anche storie di vera e propria rinascita non soltanto fisica. È quanto racconta il treiese Marco Marini, uno dei pazienti passati per quei letti. Marco ha 50 anni ed è un tecnico della ditta Axitea Spa, e il 24 marzo scopre di aver contratto il Covid. Già in serata inizia ad avere febbre molto alta e tosse persistente. 

 

 

 

«Inizialmente vengo curato a casa dove mi viene prescritta la consueta terapia domiciliare e questo per ben 8 giorni - racconta -, fino a quando la situazione inizia a peggiorare. Vengo prelevato dalla Croce Verde di Macerata e ricoverato nel reparto di Medicina d’urgenza dove rimango per altri 5 giorni senza miglioramenti. Ricordo il dottore che al mattino mi si avvicina e tenendomi la mano mi dice: “Marco ti dobbiamo trasferire al Covid center di Civitanova”. Sentendo quel nome avverto un forte sgomento: quel posto, visto da fuori mi aveva fatto sempre paura. Vengo trasferito il 6 aprile nel reparto sub - intensivo; qualora avessi reagito positivamente alle cure, avrei evitato di essere intubato. Ed effettivamente il miglioramento, gradualmente, c’è stato, sia fisico che psicologico. Mi ha aiutato molto vedere tutta quella grande professionalità, organizzazione e soprattutto gentilezza e tranquillità nei modi di porsi di tutto il personale. Tutto questo mi ha aiutato a riacquistare la fiducia e ad avere pazienza nel sopportare le cure di ossigeno alle quali per ore dovevo essere sottoposto. Camere grandissime da 14 posti, un infermiere ogni due pazienti, i dottori in visita più volte al giorno, cura quotidiana della persona». 

L’attenzione e la premura fugano ogni timore. «Al mattino venivamo svegliati con della musica di sottofondo. Quando era di turno un infermiere appassionato di Raul Casadei, al mattino ascoltavamo tutto il suo repertorio. Quel posto di cui avevo tanta paura, stava diventando il luogo in cui riporre le mie speranze per una guarigione. E finalmente il 28 aprile, dopo ben 23 giorni, sono uscito dal Covid center e sinceramente mi sento di dire che la mia guarigione, come quella di altri ricoverati, è senz’altro dovuta alle terapie e alle cure ricevute, ma un ruolo fondamentale è stato svolto anche da tutto il personale medico, infermieristico e sanitario che con grande professionalità e umanità non ci ha mai fatto mancare l’appoggio e il sostegno di cui avevamo bisogno».

«Ricordo le polemiche sollevate prima e dopo la realizzazione di questa struttura - conclude Marco -, ma il Covid center è stato un vero e proprio salvavita, non solo nel mio caso. Voglio ringraziare tutti, da chi ha voluto realizzarlo a chi ci lavora. Ringrazio gli amici e i parenti che mi hanno fatto sentire la loro vicinanza. Questa esperienza dura è stata una lezione di vita, ora sono tornato a casa consapevole che la vita è una sola e dobbiamo prendercene cura».
 

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Corriere Adriatico