Ascani: «Se si possono fare le feste viste per la Nazionale di calcio devono poter riaprire anche le discoteche. Vogliamo una data certa per riaprire»

Aldo Ascani
CIVITANOVA - «Ci sentiamo presi in giro. Se è tollerabile quello che è successo nella notte degli Europei di calcio e con l’arrivo della nazionale a...

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CIVITANOVA - «Ci sentiamo presi in giro. Se è tollerabile quello che è successo nella notte degli Europei di calcio e con l’arrivo della nazionale a Roma, non vedo come si può tenere chiuso un locale all’aperto, con ingressi contingentati, regole e controlli. Il governo ci faccia lavorare ed indichi una data certa e definitiva per farci ripartire».

 

 

Aldo Ascani, come tutti i rappresentanti della categoria, punta il dito sulle contraddizioni che ogni titolare, gestore, lavoratore del settore intrattenimento sta vivendo sulla propria pelle. 

«Abbiamo visto che domenica sono saltati gli schemi. E non può rimanere uno schema valido solo per le discoteche. Non vogliamo quel far west. Accetteremo il protocollo che sarà deciso. Ma vogliamo una data. Anche perché, da quel che sento, se non ci sarà una garanzia in tal senso, la prossima settimana nel resto d’Italia molti locali riapriranno: in Romagna come in Puglia. Purtroppo il settore è messo davanti ad una sola scelta: o fallire o infrangere la regola e pagare una multa. E spesso per sopravvivere si sceglie la seconda ipotesi». Ma la volontà della categoria è quella di lavorare, non avere ristori. 
«I vari sindacati sono in stretto contatto con il Governo. Il dialogo è continuo – continua il direttore artistico dello Shada – si deve prendere atto del fatto che ci sono 3.500 attività ad un passo dalla chiusura. E nel frattempo c’è l’assalto all’abusivismo. Ci sono chioschi e bar che fanno le veci delle discoteche senza essere controllati. Non parlo sono di attività non regolari, cioè senza licenza da ballo, questo sarebbe anche un aspetto secondario. Parlo del fatto che in questa situazione saltano tutte le norme di contrasto al contagio: ci sono assembramenti, non c’è la possibilità di controllare all’ingresso, contare il numero dei partecipanti, stabilire una capienza. Noi lavoriamo con le cene e rispettiamo il protocollo, appena fuori ognuno fa come vuole». 


Ascani rileva poi il fatto che nel resto d’Europa l’indicatore tenuto in considerazione è la pressione ospedaliera. «Se aumentano i contagi, come nel Regno Unito, ma il ricorso a strutture sanitarie rimane molto limitato e gestibile, allora questa è la strada per convivere con il virus. Infine le discoteche potevano essere usate come sensibilizzazione alla vaccinazione. Se ti vuoi divertire, devi essere immunizzato. Ma dappertutto, dal bar al chiosco. Bene ha fatto Macron ha imporre il green pass per ogni tipo di attività».

 

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Corriere Adriatico