Operaio di 44 anni morto dopo essere precipitato da un tetto, esposto della famiglia contro l’Asur

Simone Santinelli
CORRIDONIA - Morì cadendo da un lucernario mentre lavorava, presentato un esposto contro l’Asur. L’avvocato: «Si accerti se gli ispettori hanno svolto il...

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CORRIDONIA - Morì cadendo da un lucernario mentre lavorava, presentato un esposto contro l’Asur. L’avvocato: «Si accerti se gli ispettori hanno svolto il loro lavoro, a nostro avviso no. Il loro compito è prevenire gli infortuni, non sanzionare dopo che c’è stato il morto». Il tragico infortunio sul lavoro è quello avvenuto il 17 dicembre del 2020 in un cantiere a Monsampolo del Tronto e costato la vita a Simone Santinelli. 

 

 

 
L’operaio corridoniano di 44 anni, papà di una bimba di quattro anni e mezzo, stava effettuando lavori di rimozione dell’amianto dal tetto di un capannone quando è precipitato da un’altezza di circa 10 metri. La Procura di Ascoli ha aperto un fascicolo a carico del legale rappresentante della società Febart srl, Simone Gentili, per la quale lavorava la vittima e del direttore dei lavori e coordinatore della sicurezza, Aurelio Gentili. Ma ora i familiari di Santinelli, la compagna, il fratello e la mamma, tramite il loro legale Sandro Giustozzi hanno depositato un esposto per chiedere di verificare eventuali disfunzioni o omissioni da parte dell’organo deputato alla vigilanza del rispetto delle norme sulla sicurezza sugli ambienti e luoghi di lavoro, gli ispettori dell’Asur. «Di solito – ha spiegato l’avvocato – le responsabilità vengono ricercate nelle ditte coinvolte, ma noi riteniamo che si debba accertare le inadempienze anche di chi è deputato a controllare». La questione sintetizzata dal legale è questa: il lavoro da eseguire era imponente, «si parla della rimozione di oltre mille quintali di amianto - ha precisato Giustozzi – per un appalto di quasi un milione di euro» in cui l’importo degli oneri della sicurezza sarebbe stato minimo. A gennaio 2020 la ditta inviò all’Asur il piano di lavoro a cui non seguì alcuna comunicazione, tale da determinare l’approvazione tramite il silenzio-assenso, e a dicembre la ditta comunicò l’inizio dei lavori. Nel mezzo c’era stata la diffusione del Covid e l’emissione di vari Dpcm con specifici protocolli anti-contagio a tutela dei lavoratori. Il piano di lavoro quindi avrebbe dovuto essere adeguato alle nuove norme e l’Asur avrebbe dovuto prescrivere alla società esecutrice di integrare il piano prima che iniziasse l’intervento edilizio. «Già da questo si capisce che il piano non è stato guardato per niente», ha puntualizzato Giustozzi. Ma non solo. Il 27 gennaio, su disposizione del pm Mara Flaiani venne effettuato un sopralluogo a cui parteciparono anche il legale e il consulente di parte, l’ingegnere Paolo Dignani. «Il piano presentato era inattuabile – ha puntualizzato Dignani -. Per rimuovere tutto quell’amianto la ditta aveva indicato che avrebbe usato una gru che riusciva ad arrivare solo al centro del tetto e con un cestello con cui è impossibile rimuovere lastre di amianto che pesano 30-40 chili l’uno». 


Il legale ha anticipato anche che presenterà un ulteriore esposto per capire perché Santinelli, che a causa di precedenti infortuni aveva perso la vista ad un occhio e zoppicava, era stato impiegato per quel tipo di lavoro così impegnativo. Intanto è stato richiesto all’Asur un risarcimento di un milione e mezzo di euro. «Spero che si acquisisca una vera coscienza della prevenzione», ha concluso Giustozzi. Cgil e Anmil hanno già anticipato la volontà di costituirsi parte civile quando verrà instaurato il processo.

 

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Corriere Adriatico