CORRIDONIA - Volontario per integrarsi e per ringraziare l’Italia dell’accoglienza che gli ha dato. È la rivincita di Ihtisham Amin, conosciuto da tutti come...
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Il giovane pakistano è l’esempio di come l’integrazione sia possibile, senza discriminazione e senza distinzione di nazionalità. «È normale - racconta - che appena arrivato in Italia ho dovuto impiegare del tempo per farmi conoscere. Una persona del posto, con un cognome italiano, viene sempre collegata alla sua famiglia. Io invece ho voluto farmi conoscere per quello che sono. Ho iniziato come volontario in Croce Verde per due motivi - spiega Ithisham - . Innanzitutto dopo aver visto come gli operatori del 118 avevano soccorso un mio vicino di casa ho sentito il bisogno di imparare quelle maniere; poi l’ho fatto per integrarmi. Le persone hanno iniziato a guardarmi in un altro modo dopo avermi visto con la divisa da volontario». L’impegno del trentunenne nell’integrarsi è stato grande fin da subito. «Quando sono arrivato in Italia ho ricevuto molto - racconta - . Mi è stato regalato anche un motorino per andare a lavorare perché non potevo permettermelo. Crescendo, ho sentito così il bisogno di ricambiare quello che gli italiani avevano fatto per me. È questo il consiglio che do agli stranieri che non riescono ad integrarsi: quello di essere consapevoli che siamo ospiti e dobbiamo impegnarci per farci conoscere””.
Ithisham è convinto che l’integrazione dipenda, per la maggior parte, dagli stranieri. «Dipende da noi integrarci - dice - . Questo non significa rinnegare la nostra cultura. Se io sono cresciuto in questo modo è grazie alle esperienze vissute per 15 anni in Pakistan e per 16 anni qui. Ho saputo trarre il meglio da entrambe le culture. Sono sicuro che se avessi vissuto solo in Pakistan o solo in Italia non sarei stato come sono oggi».
Gli obiettivi che Ithisham è riuscito a raggiungere sono così la spinta per tanti altri stranieri, scoraggiati dalla difficoltà di integrarsi nelle comunità italiane dove si sono trasferiti. «Si ha paura degli altri perché non si conoscono - dice il giovane - . Ho provato a portare qualche amico di altre nazionalità in Croce Verde, ma per motivi di tempo ha dovuto lasciare. È stato comunque importante per capire il valore di fare qualcosa per gli altri ed essere accettato meglio da chi prima non ti conosceva». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico