Una sede Unesco alla Badia di San Vittore, l’inaugurazione con l’archeologo Catani

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CINGOLI Nel cuore dell’entroterra. In un luogo che racchiude in sé la bellezza di un intero territorio fatto di storia, miti e leggende, sarà inaugurata la...

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CINGOLI Nel cuore dell’entroterra. In un luogo che racchiude in sé la bellezza di un intero territorio fatto di storia, miti e leggende, sarà inaugurata la sede operativa Unesco nell’ambito del Club Unesco di Tolentino e terre maceratesi. Il taglio del nastro è in programma domenica prossima alle 15.30 alla Badia di San Vittore di Cingoli.

 

Un tesoro nascosto, una regina senza nome, una città romana da dissotterrare, una fortezza scomparsa, una fonte miracolosa, un fiume, il Musone, recuperato dai rovi, riportato alla luce nel periodo del Covid e trasformato in percorso. Testimonia tutto questo, dal lontano 1100 ad oggi, l’Abbazia benedettina di San Vittore di Cingoli - di proprietà di Roberto Della Rovere - che si prepara a diventare sede operativa Unesco.

Nella mattinata di domenica, alle 10, sono in programma anche un incontro di pittura e una visita guidata al parco del Fiume Incantato. Nel pomeriggio, dopo l’inaugurazione, la relazione dell’archeologo Enzo Catani dal titolo “L’Abbazia di San Vittore di Cingoli erede del sito archeologico del municipio romano di Planina: fonti antiche ed evidenze archeologiche”. Seguirà la visita guidata all’Antiquarium dell’Abbazia e la consegna della targa Unesco.

La Badia di San Vittore, dopo un’attenta serie di ristrutturazioni che ne hanno valorizzato le caratteristiche medioevali, è oggi luogo di eventi e convegni e testimonia una lunga storia. Sin dal V secolo prima di Cristo, infatti, all’Abbazia benedettina di San Vittore di Cingoli, oggi Villa Della Rovere, sulla sponda sinistra del fiume Musone, sorgeva un santuario legato al culto delle acque. Qui sgorgava una sorgente perenne ritenuta sacra per le sue proprietà curative. Questa sorgente si chiama “Fonte del Bagno” o “Fonte di San Giovanni”: era usanza locale recarsi alla fonte nella notte del solstizio d’estate, svolgendo riti in cui era protagonista l’acqua.

Intorno a questo antico santuario si raccolse, con l’espansione romana, una piccola realtà urbana che, anche grazie alle acque del fiume Musone allora navigabile, crebbe fino a diventare Municipio, la cui fine è legata a un’antica leggenda. Solo a metà del 1800, per il copioso riaffioramento di reperti durante i lavori agricoli, alcuni archeologi portarono alla luce i resti di quella che era stata una fiorente città.

Di grande interesse il fatto che il sito ebbe una lunghissima fase di frequentazione, attraversando almeno tre fasi distinte: una prima di tipo italico; una seconda fase di tipo etrusco-laziale campano e una terza in età romana. Dopo la caduta dell’impero romano anche questa zona subì le conseguenze dell’abbandono e dell’incuria fino a quando, con la diffusione degli ordini monastici medievali arrivarono e si stabilirono qui i monaci Benedettini che fondando l’Abbazia di San Vittore. Ora si apre un nuovo capitolo che permetterà all’Unesco di avere la propria sede operativa in un luogo ricco di storia e di tradizioni.

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Corriere Adriatico