La rabbia dei sindaci: «Vogliono chiudere la guardia medica. Pronti a riconsegnare le nostre fasce»

La sede della guardia medica
CALDAROLA - «È con incredulità che le amministrazioni dei Comuni di Caldarola, Belforte del Chienti, Serrapetrona, Camporotondo di Fiastrone e Cessapalombo,...

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CALDAROLA - «È con incredulità che le amministrazioni dei Comuni di Caldarola, Belforte del Chienti, Serrapetrona, Camporotondo di Fiastrone e Cessapalombo, hanno appreso la notizia della volontà da parte dei dirigenti dell’Area vasta di voler smantellare il servizio di guardia medica presente nei nostri territori». È quanto affermano i sindaci Luca Maria Giuseppetti, Alessio Vita, Silvia Pinzi, Massimiliano Micucci e Giuseppina Feliciotti.

 
 
«Tutto ciò, oltre tutto, senza alcuna preventiva concertazione o comunicazione formale - proseguono i primi cittadini -. Nell'arco temporale 2017-2020 il servizio ha effettuato una media mensile di circa 180 interventi di assistenza medica, di cui per 5 di essi si rendeva necessario il ricovero ospedaliero. La centralità della struttura rispetto a tutto il territorio ha garantito rapidità d’intervento ed efficienza operativa, condizione ottimale che in molti casi può fare la differenza tra la vita e la morte, come dimostra l’ampia letteratura medica in merito. Dopo gli eventi sismici del 2016, avendo la struttura subito dei danni, si è subito provveduto a ripristinarla con una spesa di 50.000 euro, che ne ha permesso la completa ristrutturazione e, quindi, anche tutta la riqualificazione degli ambienti, rendendoli accoglienti e confortevoli tanto per i pazienti quanto per gli operatori. Disperdere oggi questo investimento, anche sotto il profilo meramente economico, pare una scelta tanto scellerata quanto contraria ai principi di buona amministrazione.

Come ha dimostrato la pandemia Covid-19, ciò di cui i territori hanno più bisogno, fatto ancor più rilevante nell’attualità, è la presenza di servizi sanitari capaci di saper rispondere alle necessità delle persone che li abitano, servizi che oltre tutto contrastano i processi di spopolamento delle aree interne. Ora ciò che più stupisce noi amministratori di tali territori già grandemente provati dal sisma, è la miopia con cui gli organi preposti a governare la sanità territoriale, decidano di aprire o chiudere tali presidi, senza pensare minimamente alle conseguenze nefaste che le loro decisioni possono comportare, anche e soprattutto sotto il profilo sociale, umano e morale. Scelte del genere, infatti, non hanno una valenza solamente in campo sanitario ma anche e soprattutto in termini di dinamiche demografiche e di sviluppo dei territori, poiché sono proprio queste decisioni a determinare la rinascita o la morte di un territorio». 
 


«Evidentemente - continuano i sindaci - questi aspetti fondamentali non sono percepiti da chi amministra la sanità locale. Noi sindaci saremo garanti dei principi costituzionali ai quali abbiamo convintamente giurato fedeltà e siamo pronti ad adottare ogni iniziativa per la loro reale attuazione, fino ad arrivare alla riconsegna delle nostre fasce tricolori al prefetto, se la nostra funzione di primi fiduciari dei cittadini sul territorio, resterà ancora una volta svilita». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico