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Giacomo Medici, giovane baritono di Chiaravalle, lo cerchi e al trillo di risposta, magari è in Argentina. A cantare lirica? Ad accarezzare Puccini? No, magari segue il languido ritmo di un tango, con le note che escono, uniche ed irripetibili, dal bandoneon. Inoltre, ad un curriculum che è già ricco pur così giovane, ha aggiunto un libro che è una raccolta intima di poesie, bizzarro come titolo ma carico di un pathos che accoppierebbe versi e musica. Fate conto di esserci, luce soffusa, fumo, mantice che spazza l'aria ed i sentimenti. Si intitola "Le palpebre sensibili: canti di viaggi, vergini e lentiggini".
Perché è nato un libro-raccolta di poesie con un titolo così strano?
«Non so mai se definirmi un cantante che viaggia o un viaggiatore che canta; ho sempre seguito la sensibilità delle mie palpebre per orientarmi sul mondo, da qui il particolare titolo di questa mia seconda raccolta.
Giacomo Medici, definito in Argentina "l'Italiano che canta il tango": che vuol dire?
«Tutto iniziò diversi anni fa, mentre mi trovavo in tour in Argentina, terra che amo e nella quale ho avuto la fortuna di cantare spesso, da Buenos Aires alla Terra del Fuoco. Decisi di inserire nel mio recital alcuni classici della musica rioplatense, dall'opera lirica al tango, quindi, in un percorso che piacque molto al pubblico e che mi permise di tornare quasi ogni anno in America Latina, iniziando anche a collaborare, dal punto di vista discografico e concertistico, con diversi artisti argentini. Dopo ad alcune apparizioni televisive, che fecero arrivare la mia voce al grande pubblico, iniziarono a chiamarmi "L'italiano che canta il tango", titolo di un video documentario che fu girato proprio per raccontare questa avventura fatta di note e i chilometri».
Quale compositore nel panorama musicale in generale è maggiormente nelle sue corde?
«Sicuramente Escamillo, il torero della Carmen di Bizet, che ho recentemente cantato al Teatro Antico di Taormina, luogo davvero magico nel quale esibirsi. Sono molto attratto anche dall'opera contemporanea, che ho affrontato più volte, vestendo ad esempio i panni di Orlando in un bellissimo lavoro di Marco Betta intitolato "Notte per me luminosa", ispirato all'Orlando furioso di Ludovico Ariosto. Rimanendo sempre in questo repertorio, avrò l'onore di interpretare Cesare in una nuova opera di Nicola Capogrande che andrà in scena, in prima mondiale, nella prossima stagione lirica del teatro Pergolesi di Jesi, intitolata De Bello Gallico». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico