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Negli ultimi anni, l'accelerazione digitale è avvenuta rapidamente, rivelando i vantaggi della digitalizzazione ma, allo stesso tempo, innescando nuove insidie. È quanto sta avvenendo nella rete, luogo di pericoli sempre maggiore: secondo i dati dell’ultimo rapporto del Clusit 2023 (Associazione Italiana per la Sicurezza informatica), il numero di attacchi hacker nel mondo è cresciuto esponenzialmente, facendo registrare un netto rialzo del 21%.
La situazione in Italia appare ancora più grave: secondo i dati del rapporto, gli attacchi sono cresciuti addirittura del 169% rispetto all'anno precedente, di cui il 7,6% ha avuto un esito positivo - contro il 3,4% del 2021. L'Italia sembra essere così uno dei paesi maggiormente presi di mira dagli hacker, che concentrano le loro attività malevoli nei confronti del settore manifatturiero con il 27% degli attacchi, seguito da quello governativo con il 20%.
Perché il comparto manifatturiero? Il settore ha conosciuto in questi anni, grazie anche alla spinta della pandemia, una forte digitalizzazione che lo ha reso protagonista di una quarta rivoluzione industriale e teatro di una transizione da una produzione fortemente manuale e analogica ad un’altra sempre più interconnessa. Tuttavia, questa transizione ha evidenziato un’arretratezza tecnologica e dei modelli organizzativi che coinvolgono l'intera infrastruttura di sicurezza informatica del Paese. Le aziende, infatti, sono poco consapevoli delle alte probabilità di subire attacchi informatici e i motivi possono essere ricondotti alla mancanza di conoscenza della cybersecurity e ad un mindset arretrato rispetto ai nuovi assetti del business.
Corriere Adriatico