Fava, la regina delle tavole più gourmet di primavera: una volta era la Cenerentola dell'alimentazione

Fava, la regina delle tavole più gourmet di primavera: una volta era la Cenerentola dell'alimentazione
ANCONA- Le fave, moderne protagoniste delle favole. Per secoli, "Cenerentole" dell'alimentazione, schiacciate, pestate, macinate, carburante proteico alternativo...

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ANCONA- Le fave, moderne protagoniste delle favole. Per secoli, "Cenerentole" dell'alimentazione, schiacciate, pestate, macinate, carburante proteico alternativo della carne, sono state l'antidoto contro la fame dei più umili; oggi, fresche, sono acclamate "regine" stagionali delle tavole dove, secche, imperano tutto l'anno. Specialmente quelle marchigiane non a caso tutelate da Amap (ex Assam) e Slow Food. A Nord, le Fave di Fratte Rosa, l'unico Presidio Slow food pesarese. Hanno il baccello corto e risultano tenere all'assaggio, dolci al gusto. «Sono legumi che traggono il loro sapore dai "lubachi", dai terreni di argilla bianca» svelano gli agricoltori custodi Rodolfo, Nicola ed Emanuele Rosatelli dell'azienda agricola che non a caso si chiama "I Lubachi".

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La rinascita

Spiegano che, coltivate a margine di pochi orti, erano cadute nel dimenticatoio, poi, per merito di una ricerca storica commissionata dall'ex Sindaco di Fratte Rosa, la maestra Adele Berti nel 2000, approfondita poi dalla Politecnica delle Marche e dall'Amap, sono diventate un ecotipo tutelato da Slow Food dal 2018. Oggi, esiste un disciplinare stilato dall'associazione Fava di Fratte Rosa per mantenere il seme in purezza, garantire la produzione (vietati diserbanti chimici) e la valorizzazione, riscoprire le tradizioni anche culinarie. «Siamo una decina di agricoltori tutti di Fratte Rosa, racconta Rodolfo - ma l'areale include anche Pergola, San Lorenzo in Campo e Mondavio. Si semina ad ottobre, fresca si consuma all'inizio di maggio mentre per il seme secco si aspetta giugno». L'azienda declina le fave in farina, le mette sott'olio, ne fa un paté e ne ricava i Tacconi, una specialità del paese di Fratte Rosa, una pasta dove la farina di fave è mischiata a quella di grano e stuzzica la creatività della ristorazione stellata e di alto profilo. A Sud, le fave sono identitarie di Favalanciata, piccolo borgo di Acquasanta Terme, ancora per buona parte inagibile dopo il terremoto del 2016.

La biodiversità

La "vicia faba" è una biodiversità culturale su cui si fonda la comunità riconosciuta da Slow food e fa da trait d'union tra la gente intorno al quale il sodalizio del mangiare lento, che cerca di ridare valore al cibo e a chi produce in armonia con l'ambiente e gli ecosistemi, ha costruito un progetto socio gastronomico. Ossia cerca di fabbricare un futuro ampliando il mercato locale che finora era riservato prevalentemente alle fave fresche. Partendo da un'antica ricetta locale, Matteo Mattei e Francesco Riti hanno creato una crema sfiziosa, la Favalanciata con cui una parte è devoluta per finanziare iniziative locali a favore della vita e del decoro del paese. Crema con cui gli chef si sbizzarriscono utilizzandola come condimento su pizze gourmet (Armando D'Ascanio di "E' Bona Furia"), panini con carne (Gianni Mancini "Vico Lo Cielo"), con pesce (Stefano Capocasa di "House Café"), primi (Fabiana Brandi "Nonna Lisa"). La ricetta che presentiamo è una delle "Food Ambassador" della comunità è stata ideata dallo chef Luigi Damiani, formato all'alberghiero di San Benedetto del Tronto, piatto che attualmente è nel menù di "Sottoscala Gusteria" a Montalto Marche. Per lo chef, questa fava vanta il raro pregio di avere «un gusto intensamente floreale, fruttato, anche all'inizio amaro, che varia con i giorni di raccolta e l'avanzamento della stagione».

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Corriere Adriatico