Mondiali, Italia: fallimento annunciato Ora si deve cominciare a ricostruire

Mondiali, Italia: fallimento annunciato Ora si deve cominciare a ricostruire
NATAL - Dopo novanta minuti angoscianti, con la rabbia e la delusione dell’eliminazione, l’espulsione di Marchisio e il morso non visto di Suarez, l’epilogo: il...

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NATAL - Dopo novanta minuti angoscianti, con la rabbia e la delusione dell’eliminazione, l’espulsione di Marchisio e il morso non visto di Suarez, l’epilogo: il fallimento e le dimissioni. Le responsabilità ci sono tutte, compresi quelle dei calciatori, che, però, non possono dimettersi.




Sia ben chiaro, il nostro calcio non può esprimere una nazionale che possa vincere il Mondiale, capace di una miglior figura e andare oltre il primo turno si. É stato un fallimento, sbagliate alcune scelte dei 23 e quelle delle formazioni mandate in campo, cambi compresi. Non un tiro in porta nel secondo tempo con il Costa Rica e in tutta la gara con l’Uruguay. Un lento e inconcludente palleggio. A tenere la baracca con l’Uruguay qualcuno della vecchia guardia e due giovani: Verratti e Darmian.



Il resto è da dimenticare. Il simbolo della disfatta è Balotelli, criticato a fine gara dallo stesso Prandelli e da Buffon, che non ne ha fatto il nome. La sintesi: un giocatore ingestibile e sopravvalutato. L’analisi dura e lucida del capitano azzurro, a pochi minuti dalla fine della partita, è un colpo forte e diretto. Lascia intendere un pensiero meditato, uno sfogo mantenuto segreto perché impossibile da rivelare prima. C’è l’umiliazione di un paese, la sensazione che dobbiamo smetterla di pensare in grande, soprattutto nelle valutazioni dei calciatori, che dobbiamo ricostruire, partendo dalle fondamenta. L’alibi della crisi economica non regge.



Non cresciamo talenti, non formiamo calciatori. Basta guardarsi in giro. Il Belgio, l’Olanda o la Francia non hanno campionati superiori al nostro, eppure hanno una scuola, tanti bravi giovani calciatori, e non importa che vadano poi a giocare all’estero. Noi non li facciamo giocare, i pochi sono spesso sopravvalutati, non giocano quasi mai nelle grandi squadre, eventualmente solo in provincia. Nell’amarezza del fallimento abbiamo l’opportunità di ricominciare, tutti nessuno escluso, dobbiamo coglierla. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico