SAN PAOLO - Il sambodromo di Anhembi e l'autodromo di Interlagos. Se i tifosi argentini volevano una dimostrazione di amore da parte dei brasiliani, l'hanno ricevuta. San...
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LA CITTÀ DI LIONEL
Passeggiando fra le prime tende piazzate del sambodromo, ci fermiamo a chiacchierare con Carlos ed Enzo, zio e nipote. «Enzo, Enzo, come el Principe Francescoli» ripete presentandosi il più giovane. Lo zio lavora in polizia, il nipote in una fabbrica militare: «Produco le pallottole per lui», scherza Enzo. Sono partiti da Rosario - «la città di Messi», ci tengono a sottolinearlo - percorrendo 2400 chilometri a bordo di una Peugeot e dormendo in un caravan di legno pesantissimo. «Quando lo apriamo ci stiamo in 4. Guidare in certe condizioni non è stato facile. Appena arrivati a San Paolo ci siamo persi in un quartiere della periferia. La macchina si è bloccata in salita e a rimuoverla ci ha pensato la polizia». Un sacco di patate su un tavolo apribile e l'immancabile mate da sorseggiare. Enzo si avvolge nella sua bandiera albiceleste, mentre Carlos si ripara dal freddo con un poncho e la maglietta del Newell's Old Boys.
SENZA CAMBIO
Julian, invece, ci guarda sorridente e ammette: «Sono partito da una settimana. Nessun cambio, gli stessi vestiti sia con il caldo che con il freddo». Julian, 27 anni, arriva da Concordia e di chilometri ne ha percorsi circa 2700. Una fermata a Porto Alegre, una a Florianopolis e da domani il viaggio continua verso Rio de Janeiro, a prescindere dal risultato: «Siamo tutti senza biglietto. Viaggiamo per passione. Pensa che sono partito senza nemmeno avvisare al lavoro. E dire che sono impiegato nel settore pubblico. Non sono certo che al mio ritorno avrò ancora il posto», ammette preoccupato ma non troppo. «Cosa posso farci? Questo è il calcio. Sono più preoccupato per mia figlia e la mia compagna, avevo detto che sarei stato fuori solo una settimana...ma ormai ci sono dentro. Non posso perdermi questi Mondiali». Non tutti, però, sono senza entrata e dormono all'aperto. Leonardo e i suoi amici di Buenos Aires si sono riusciti a organizzare meglio: «Siamo arrivati fino a Foz do Iguaçu (città alla frontiera, ndr) in aereo. Da lì 15 ore di macchina sotto la pioggia, non ce la facciamo più». Almeno lui, però, dimostra più creatività di Julian in quanto a scuse: «Ho una piccola agenzia immobiliare, non conosco ferie. Cosa ho detto ai miei dipendenti? Che partivo per un ritiro spirituale!». Alla fine non ha nemmeno detto una bugia... Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico