«Funziona puntare sui brand, ma serve più formazione». Ricavi in crescita, Paniccià di Giano ora non produce con il suo marchio

«Funziona puntare sui brand, ma serve più formazione». Ricavi in crescita, Paniccià di Giano ora non produce con il suo marchio
TORRE SAN PATRIZIO L'evoluzione del calzaturificio Giano di Torre San Patrizio. Il suo titolare Enrico Paniccià ha azzerato la produzione per il marchio proprio. E ha...

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TORRE SAN PATRIZIO L'evoluzione del calzaturificio Giano di Torre San Patrizio. Il suo titolare Enrico Paniccià ha azzerato la produzione per il marchio proprio. E ha investito sui servizi per i brand. Quelli in licenza come La Martina e Harmont&Blaine e quello con cui ha costituito la società Woolrich Footwear. «La divisione operation dell'azienda è ormai quella più importante» sottolinea lo stesso imprenditore che ha dunque trasformato l'impresa, specializzandola nelle partnership con i marchi della moda.

 

L’obiettivo

Ma qual è la situazione attuale? «Giano è un'azienda managerializzata, sempre vigile sul mercato e alla ricerca di nuove licenze e collaborazioni» spiega lo stesso Paniccià. Per quanto riguarda i numeri, il gruppo Giano (Giano più Woolrich Footwear) ha chiuso il 2023 con una crescita dei ricavi del 20% a 22 milioni di euro e con 32 dipendenti. La quota export è del 60%, con la Germania primo mercato di destinazione. La produzione è metà in Italia e metà all'estero. Nel quartier generale vengono prodotti solo i campioni e i prototipi.

«Con Woolrich Flootwear abbiamo avuto un arretramento fisiologico durante la pandemia. Ora siamo entrati in una fase di consolidamento e nel 2023 abbiamo registrato un +25%. La produzione è per il 95% made in Italy. Nel 2023 abbiamo assistito ad un aumento dei costi e per questo abbiamo prestato la massima attenzione ai prezzi di vendita. Anche per un marchio come Woolrich è importante restare in una certa fascia di prezzi e non superarla. Il brand è importante ma poi deve saper offrire il servizio che si aspettano i clienti. È importante l'attività di ricerca e sviluppo sui materiali, così come avere il time to market giusto per i prodotti» osserva ancora Paniccià.

Il nodo

Che parla anche delle difficoltà del reshoring, ossia di far rientrare in Italia le produzioni svolte altrove, spesso in Asia. «Credo che non tutte le lavorazioni possono essere riportate in Italia. Ad esempio la fase di taglio e orlatura. Bisogna rimarcare che non si tratta di una questione di costi ma di risorse umane che attualmente mancano».

La necessità

«Per questo - osserva - serve fare formazione, a questo punto occorre soprattutto compiere un salto culturale» osserva ancora Paniccià. Le prospettive di Giano per l’anno appena iniziato restano buone, nonostante un contesto geopolitico ed economico piuttosto sfavorevole. «Basti pensare - conclude l’imprenditore facendo il punto sui problemi che debbono affrontare oggi le imprese - solo all'impatto delle guerre che creano tensione psicologica sul mercato. Oltre all'aumento dei costi, come abbiamo sperimentato sull'energia, che provocano l'inflazione».

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Corriere Adriatico