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FERMO - Deroga sì. Deroga no. Deroga forse. Partono da posizioni lontane l’assessore regionale alla Ricostruzione, Guido Castelli, e il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi. Si sono incontrati virtualmente ieri mattina alla presentazione del programma straordinario per sistemare le scuole danneggiate dal terremoto del 2016. Nel suo intervento, Castelli ha chiesto deroghe nella formazione delle classi per i Comuni del cratere. Una questione spinosa sulla quale i sindaci marchigiani sono disposti a fare le barricate.
Bianchi ha risposto che non è questa la soluzione contro lo spopolamento dell’entroterra.
Plaudendo al Piano di ricostruzione, Castelli ha sottolineato «l’assoluta priorità di prevedere deroghe in materia di dimensionamento scolastico, scongiurando il rischio che il complesso lavoro di ricostruzione dia risultati a metà, con scuole nuove, ma vuote a causa del tremendo inverno demografico che sta attanagliando l’Italia e in special modo il nostro sofferente cratere».
Per l’assessore regionale, «le scuole del cratere vanno ricostruite, ma soprattutto mantenute aperte e fruibili». Da qui, la richiesta di «un’attenzione scrupolosa e attenta allo spopolamento scolastico nelle aree del sisma, che non possono essere gestite come quelle che hanno avuto un destino diverso». Ma Bianchi la pensa diversamente.
Per il ministro dell’Istruzione, «la soluzione all’inverno demografico non è formare classi sempre più piccole».
«Non sono d’accordo con le deroghe. Sarebbe come restare fermi a un modello del passato, mentre bisogna avere forza di andare al di là», ha detto. E ha portato l’esempio degli istituti comprensivi di valle del Trentino e di quelli dell’Emilia-Romagna. «Esperimenti riusciti», ha spiegato il ministro. Per il quale la ricostruzione post terremoto dovrà essere anche «un’occasione per ripensare il territorio e l’organizzazione scolastica in aree in cui la scuola deve essere presidio di una comunità viva e dinamica».
«Quelle che andremo a realizzare – ha concluso il titolare dell’Istruzione – dovranno deve essere scuole aperte a tutta la comunità, in una continuità didattica da ripensare insieme a quei territori in cui le comunità stanno cambiando».
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Corriere Adriatico