Dopo l'Usca stop anche alla guardia medica. Petrozzi: «Ora basta, il Comune si muova»

Dopo l'Usca stop anche alla guardia medica. Petrozzi: «Ora basta, il Comune si muova»
PORTO SAN GIORGIO - Niente Usca, le Unità di continuità assistenziale, mentre va in affanno anche la guardia medica. E, come se non bastasse, preoccupa la...

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PORTO SAN GIORGIO - Niente Usca, le Unità di continuità assistenziale, mentre va in affanno anche la guardia medica. E, come se non bastasse, preoccupa la recrudescenza del Covid. 

A rilanciare l’allarme è Renzo Petrozzi che siede in consiglio comunale ed è medico di professione dal 1985: «E posso dire - premette - che nonostante io abbia fatto esperienze di ogni genere, quella della pandemia da Covid è senza dubbio la più difficile».


Il periodo


Da due anni e mezzo «stiamo combattendo - riprende - contro un nemico sconosciuto e subdolo. Certi giorni, ho gestito fino a 150 contatti al giorno fra telefonate, whatsapp e accessi in ambulatorio. Ho seguito quasi 500 casi. Ho vaccinato 1.500 persone al Centro della Croce Azzurra, rimanendo l’unico medico che al momento vaccina ancora in quella struttura. Ho combattuto quotidianamente le posizioni antiscientifiche di chi non voleva vaccinarsi e ho gestito un carico burocratico incredibile». Purtroppo, la pandemia non è affatto finita, in questi giorni assistiamo a uno dei suoi picchi più alti. A Porto San Giorgio siamo passati dai 30 positivi del 1° giugno ai 229 del 9 luglio, con un trend in crescita e provvedimenti restrittivi previsti dalla legge ridotti al minimo. Serve un comportamento adeguato, almeno mascherine e distanziamento al chiuso. 


La posizione


«In questo senso andava letta - sottolinea - la mia richiesta di tenere il primo Consiglio in videoconferenza, richiesta purtroppo respinta. Quel giorno, in sala consiliare c’era un assembramento di pubblico mai visto, con molta gente senza mascherina, ho invano invitato tutti a indossarle e a distanziarsi». E come se non bastasse sono state chiuse le Usca. «E’ del 1° luglio, proprio al culmine di una nuova ondata di contagi con rilevabile aumento di ospedalizzazioni, la chiusura delle Unità speciali di continuità assistenziale che gestivano a domicilio i pazienti Covid con personale medico dotato di sistemi di protezione e strumenti diagnostici adeguati che hanno svolto un ottimo lavoro. La Regione Marche è una di quelle che non le ha rifinanziate perché, da quanto ne so, voleva tagliare i compensi dei sanitari. Cosa che non è avvenuta nella vicina Emilia Romagna. Inoltre nello scorso weekend non c’è stato il servizio di guardia medica perché non ci sono medici per coprire i turni. Se una persona si sente male non c’è più nessuno a cui chiedere neanche un consulto telefonico».


La chiosa


«Non mi sembra - chiosa - che la Regione, che dovrebbe gestire la sanità, stia facendo qualcosa per risolvere un problema così grave. Eppure sarebbe semplice. Per reclutare i medici, bisogna pagarli adeguatamente secondo la legge della domanda e dell’offerta e metterli nelle condizioni migliori per svolgere il loro lavoro. Ma nulla di tutto ciò è stato finora fatto seriamente. So bene che la sanità è una materia di pertinenza regionale, ma l’amministrazione cittadina può e deve avere voce in capitolo ponendo alla Regione i problemi sanitari reali della città e dialogando con essa per cercare di risolverli: la sanità è una questione prioritaria, verso cui indirizzare risorse adeguate».

 

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Corriere Adriatico