Ammanco alla casa di riposo di Monterubbiano, assolta dal peculato dopo 12 anni: «Per me un lungo calvario»

Ammanco alla casa di riposo di Monterubbiano, assolta dal peculato dopo 12 anni: «Per me un lungo calvario»
MONTERUBBIANO - Assolta. È finito alla Corte di Cassazione, che ha ribaltato il verdetto emesso in primo grado e confermato in appello, il processo per peculato nei...

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MONTERUBBIANO - Assolta. È finito alla Corte di Cassazione, che ha ribaltato il verdetto emesso in primo grado e confermato in appello, il processo per peculato nei confronti di Rosella Bartolomei. La donna era accusata di peculato, commesso ai danni della casa di riposo Don Marzetti di Monterubbiano, dove era stata impiegata per alcuni anni. Accolto, quindi, il ricorso presentato dall’avvocato Carlo Angelini, che non nasconde tutta la sua soddisfazione.

 

Il passato


«La mia assistita ha vissuto un calvario durato ben 12 anni, accompagnato da un ampio risalto mediatico – il commento del legale –. Oggi esce esente da ogni responsabilità penale. La sentenza ha riconosciuto pienamente le motivazioni giuridiche del ricorso per cassazione, nonostante la notevole complessità tecnica delle argomentazioni, sul piano procedurale e sostanziale. “Esiste un giudice a Berlino”, basta avere fiducia nella giustizia». «Sono felice – le parole della signora Bartolomei –. Il mio legale mi ha sempre rassicurato circa un esito positivo, invitandomi a confidare pienamente nella giustizia. Ho avuto la fortuna di incontrare un avvocato onesto, tenace e preparato, che mi ha portato a concludere positivamente questa lunga causa».

I fatti contestati alla signora nel lungo procedimento giudiziario risalgono ad un periodo che va dal 2008 al 2011, durante il quale la donna era dipendente della casa di riposo Don Marzetti. È stata accusata di aver intascato illecitamente cospicue somme di denaro, anziché versarle nelle casse dell’ente.


La ricostruzione


L’accusa sosteneva avesse predisposto dei mandati di pagamento in proprio favore con delle firme fittizie e si fosse appropriata delle rette mensili di alcuni ospiti della struttura. L’ex dipendente aveva anche firmato all’epoca un documento confessorio, con l’assistenza dei precedenti difensori, di cui successivamente ha contestato il contenuto. Ora, dopo la doppia condanna, il verdetto della suprema Corte che chiude il caso. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico