M.Urano, non c'è l'accordo col privato Il cinema Arlecchino per ora non riapre

Il cinema Arlecchino
MONTE URANO - Se qualcuno non l’avesse ancora capito, ci ha pensato il sindaco a fare chiarezza e a certificare quello che ormai sembrava scontato: «Il cineteatro...

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MONTE URANO - Se qualcuno non l’avesse ancora capito, ci ha pensato il sindaco a fare chiarezza e a certificare quello che ormai sembrava scontato: «Il cineteatro Arlecchino non potrà riaprire a settembre/ottobre». Perché? Semplice, manca ancora un accordo tra i due proprietari dello stesso edificio, il Comune, che possiede il piano superiore, all’interno del quale ha ricavato il cineteatro, e una società privata formata da alcuni proprietari storici e dagli eredi di quelli defunti che invece ha il piano inferiore e il locale a fianco al cineteatro, utilizzato come esercizio commerciale dal bar Arlecchino. E senza accordo salta la volontà dell’amministrazione comunale di riaprire la struttura a ottobre come era stato dichiarato in più occasioni. Ma è come fare i conti senza l’oste.


L’immobile di via Gioberti è stato danneggiato dal terremoto e dichiarato inagibile. Ci sarebbero due possibilità: effettuare solo la riparazione delle parti lesionate e riaprire la struttura, oppure effettuare la riparazione e provvedere ad un intervento di adeguamento antisismico. La situazione è simile a quella della Chiesa di San Michele Arcangelo: cambia l’importo delle spese. La chiesa ha scelto la riapertura e la parrocchia se l’è cavata con 20-25 mila euro. Il resto dei lavori, si vedrà quando arriveranno i soldi pubblici. Per l’Arlecchino il solo intervento necessario alla riapertura è oneroso perché si deve arrivare al tetto. 


Il Comune ha scelto di programmare un intervento più complesso (riparazione più adeguamento) ma deve fare i conti con il coproprietario dell’edificio che non è disposto a versare la sua quota. Che la questione non fosse così semplice era chiaro fin dall’inizio, che però ci sarebbe voluto così tanto tempo per cercare di trovare un accordo tra i due proprietari forse in pochi se lo aspettavano. E’ da marzo che i privati hanno detto di non essere disposti a versare la loro quota per sistemare un immobile che per loro è infruttifero. Sono disponibili a vendere, a sciogliere la società e a disfarsi della proprietà. Ma l’unico potenziale acquirente è di fatto il Comune che dovrebbe tirare fuori i soldi per acquistare un altro bene immobiliare quando nel centro storico ne ha già diversi inutilizzati.  Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico