L'incubo di un informatore farmaceutico accusato di aver contraffatto calzature

L'avvocato Maide Bracciotti
FERMO - Un incubo vero e proprio, quindici giorni in carcere per un fatto che non aveva mai commesso. Ora, finalmente, è...

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FERMO - Un incubo vero e proprio, quindici giorni in carcere per un fatto che non aveva mai commesso.




Ora, finalmente, è stata riconosciuta la sua totale innocenza. Lui è Stefano Topi, un cittadino di Montegranaro accusato di truffa ed associazione a delinquere finalizzata alla contraffazione di marchi. Il troncone d'indagine Speedy shoes, tuttora pendente alla Procura di Napoli, ha visto finire nei guai diversi soggetti, tra la Campania e le Marche, che avrebbero prodotto e venduto calzature con i marchi taroccati di prestigiose griffe.



Le indagini della Guardia di finanza, fatte di pedinamenti ed intercettazioni telefoniche, avviate nel 2009, hanno visto finire agli arresti Topi ad aprile del 2012. L'uomo è stato prelevato e portato in carcere nel cuore della notte, a nulla è valso giurare la sua estraneità, dato che non si era mai occupato di calzature, ma lavorava nel settore farmaceutico.



Diversi indizi facevano supporre la sua colpevolezza. Assistito dall'avvocato Maide Bracciotti, Topi non si è dato per vinto, ha sporto querela per furto di identità, dato che poco tempo prima del coinvolgimento nell'inchiesta, aveva perso un documento di riconoscimento. Un episodio che probabilmente ha innescato tutto.



Dalle intercettazioni risultavano frequenti conversazioni telefoniche tra soggetti nell'hinterland di Napoli, accusati di truffa e associazione a delinquere, con un tale Stefano, collaboratore del malaffare nel distretto calzaturiero. Le schede telefoniche incriminate risultavano intestate a Topi.



Ci è voluto un complesso lavoro difensivo, una raccolta di prove che escludevano in modo palese la sua complicità in qualsiasi attività delinquenziale. Nel frattempo è rimasto agli arresti per ben due settimane. Da testimonianze, foto e ricevute di alberghi e ristoranti, è stato provato che nelle date contestate e nelle conversazioni che lo incastravano, si trovava in altri luoghi rispetto agli appuntamenti della banda.



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