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FERMO - Si sono ritrovati ieri mattina, davanti a quei cancelli che fino ad un anno e mezzo fa erano la quotidianità del loro lavoro, spezzata da una lettera di licenziamento alla vigilia di Ferragosto. La Toolk non c’è più, si legge a malapena la scritta che campeggiava sopra l’ingresso, perché tra qualche settimana, al capannone, aprirà una nuova attività. Insieme alla Cgil, erano una ventina degli 80 ex dipendenti, che aspettano ancora pagamenti e giustizia.
L’ultimo dell’anno, la sentenza della Corte d’appello di Ancona per loro è stata una frustata: ribaltata la dichiarazione di fallimento sancita 5 mesi fa dal tribunale di Fermo.
Tutto cancellato e con esso anche la speranza, per le maestranze, di ricevere Tfr e in alcuni casi stipendi, rimasti in sospeso e che col fallimento permettevano di accedere al fondo integrativo Inps.
Complessa e tutta in salita la strada per recuperare quei soldi, come evidenzia, sempre per Cgil, Stefano Monaldi. «Ci fosse stata l’udienza fallimentare, subito dopo avremmo fatto domanda per attivare il fondo di garanzia Inps. Ma in questo modo diventa tutto più complesso. Dovremmo agire nei confronti della società americana, si può anche richiedere il fondo di garanzia Inps per una ditta non fallibile, ma occorre tutto un iter dimostrativo difficile da realizzare se non c’è un interlocutore con cui relazionarsi».
«Questi operai si sentono tutti traditi dal sistema giudiziario, che consente alle aziende di effettuare operazioni del genere» aggiunge sempre per il sindacato Linda Bracalente. Non si aspettavano il ribaltamento della sentenza di agosto i lavoratori. «Una doccia gelata». Alcuni hanno ritrovato lavoro anche a tempo indeterminato, felici «di non aver mai più a che fare col calzaturiero». Altri vanno avanti con occupazioni temporanee e precarie. Uno è finito, ironia della sorte, in una delle imprese creditrici della Toolk, anch’essa in attesa di giustizia. «Fino al giorno prima della lettera di licenziamento l’azienda ci rassicurava – ricordano con amarezza – ci dicevano di non preoccuparci. Ancora abbiamo la lettera strappalacrime del titolare, ci giurava che non ci avrebbe mai abbandonato perché eravamo una famiglia. Poi ci ha lasciato in mezzo alla strada».
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Corriere Adriatico