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FERMO - Un albergo etico. Di quelli dove le cooperative sociali fanno lavorare i disabili. Oppure un contenitore culturale. Per eventi di un certo tipo, dopo artisti e gente comune possono incontrarsi e confrontarsi. Sono le prime due proposte partorite dal tavolo di lavoro per la Casina delle rose. Il gruppo coordinato dall’associazione Demos è stato di parola. Nel giro di qualche settimana ha messo su un team di esperti volontari. L’altra sera si sono riuniti per la prima volta in videoconferenza.
La strada per arrivare alla proposta definitiva che sarà presentata in Comune, dopo essere stata vagliata dai cittadini, è ancora lunga. Ma i primi semi sono stati gettati. Li tenevano in mano, anzi in mente, Carlo Baleani e Federica Palazzi. Il primo di mestiere fa il geologo, ma ha il pallino per ambiente e sociale. La sua idea è di fare della Casina un albergo etico. «Una proposta di qualità, ma con una reale inclusione sociale», la definisce. Ed entra nei dettagli, partendo da una premessa.
«Sono preoccupato per il possibile aumento di volumetria.
A Federica Palazzi l’idea è venuta lavorando al teatro dell’Aquila. «Ho fatto – spiega – un’analisi del pubblico che partecipa alle attività culturali della città. È emersa una potenzialità molto forte, ma anche la mancanza di una rete, di un luogo che possa unire le attività culturali. Un luogo di vita e di comunità, dove le persone possano vivere queste potenzialità». Gli eventi culturali, il ragionamento, a Fermo non mancano. Ma sono estemporanei e «si perde il senso di appartenenza culturale alla città», mentre la Casina «potrebbe tornare ad avere un ruolo centrale». Una terza proposta, più vaga, è arrivata da Massimo Bottini. Per l’architetto romagnolo, l’ex hotel, grazie alla sua posizione nel punto più alto di Fermo, dovrebbe diventare «una grande palestra di educazione allo sguardo, da cui partire per muoversi verso i luoghi della città».
A tirare le somme della prima infornata di idee è Elvezio Serena. «La gente – dice il presidente onorario della sezione locale di Italia Nostra – viene di sfuggita a Fermo. Non vive la città. Ci prende sì e no un caffè. Se vogliamo fare turismo, serve dare alla Casina un riferimento sociale e culturale, per chi viene da fuori e per quelli del posto, in modo che possano rendersi conto dell’alto valore che ha». Da qui lo sprone a stringere sui tempi: «È il momento di capire qual è l’esigenza di Fermo e di quel luogo». Un invito a «ridare alla città un edificio di cui ci si è abituati a ignorare l’esistenza e che – conclude il direttore del Museo “Miti”, Marco Rotunno –, da solo, non risolverà il problema della ricettività, ma potrebbe dare un contributo e fare da spinta».
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Corriere Adriatico