Le terze dosi al rallentatore, l'allarme del primario Ciarrocchi. Un decesso all'ospedale Murri

Le terze dosi al rallentatore, l'allarme del primario Ciarrocchi. Un decesso all'ospedale Murri
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FERMO  - Non decollano le terze dosi nel Fermano. Solo uno su cinque di quelli che possono ricevere il terzo vaccino l’ha fatto. Ultraottantenni e operatori sanitari i più virtuosi. Mentre la fascia 61-79 anni è quasi al palo. I numeri sono risaliti la scorsa settimana, quando alla “don Dino Mancini” si facevano tra le 400 e le 500 dosi al giorno. Ma, fino a inizio mese, la scuola elementare di viale Trento era mezza vuota. 

 
È lì che, dal 1° dicembre, potranno vaccinarsi gli over 40, a patto che siano passati almeno sei mesi dall’ultima dose. Prima di riattivare gli altri centri, insomma, l’Area vasta 4 vuole essere sicura che ci siano i numeri. «Quando eravamo in piena attività – spiega il direttore del Dipartimento di igiene e sanità pubblica, Giuseppe Ciarrocchi –, alla “don Dino Mancini” facevamo anche 1.200 vaccini al giorno. Adesso, i numeri sono molto inferiori e le risorse sono poche». 


E ne saranno pure meno se non verrà rinnovato il contratto dei medici vaccinatori. In quel caso, «dovremo sopperire con personale interno, sempre che la gente decida di vaccinarsi», dice Ciarrocchi. Che sull’evoluzione della pandemia è pessimista. «Siamo tornati alla vita di prima, come se il Covid non ci fosse più. Invece c’è, eccome. Se vogliamo prevenire la quarta ondata, bisogna fare la terza dose, altrimenti l’immunizzazione non è corretta. Con due dosi non si può stare tranquilli», afferma il responsabile delle vaccinazioni. In campo per le terze dosi pure i medici di base che hanno cominciato a somministrare il terzo vaccino, in certi casi, insieme a quello antinfluenzale, «senza effetti collaterali».

«Capita che qualcuno, prima, abbia delle perplessità. Ma, dopo che gli abbiamo spiegato che ci sono tutte le autorizzazioni e che sembra che il prossimo anno ci sarà un vaccino unico per Covid e influenza, si fidano», spiega Paolo Misericordia, segretario provinciale della Fimmg (Federazione italiana medici di medicina generale». Tra due settimane, anche per loro si amplierà la platea dei vaccinabili. I primi tempi, il siero lo inietteranno nei loro studi e a domicilio. Poi, se i numeri cresceranno, chiederanno di riaprire i centri vaccinali, fa sapere Misericordia. Che, come tanti colleghi, comincia a mal digerire i pazienti no vax. Parla di «astio mitigato dalla deontologia», il medico. «È difficile – spiega il sindacalista dei camici bianchi – contenere l’emotività, quando vedi certi atteggiamenti incomprensibilmente irresponsabili. Noi medici abbiamo un vissuto verso chi sta male e non ha fatto niente per evitarlo, nonostante tutte le sollecitazioni, e, anzi, diventa oggetto di moltiplicazione del contagio». Sei i nuovi casi registrati ieri nel Fermano, a fronte di un numero minore di tamponi processati rispetto ai giorni precedenti. Diciassette i ricoverati all’ospedale Murri (dove ieri è morta una donna di 84 anni di Chiaravalle), due in terapia intensiva e quindici in Malattie infettive. 


Intanto, la sanità fermana torna sotto la lente del comitato di cittadini che ieri ha incontrato il sindaco di Porto San Giorgio, Nicola Loira. «Ogni giorno e in ogni occasione – il resoconto di Bruno Nepi e Giuseppe Diomedi – ci giungono segnalazioni sulla sanità. Dopo l’incontro con il sindaco di Amandola, siamo stati ricevuti da quello di Porto San Giorgio con cui abbiamo parlato delle segnalazioni che anche i sindaci, per lavoro, raccolgono. È singolare sapere che amministratori della sanità fermana e dell’assessorato continuano a parlare di futuro, quando la salute deve essere basata sul presente».

 

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Corriere Adriatico