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FERMO - File, ieri mattina, davanti alle farmacie del Fermano. Il popolo dei no vax s’è assiepato agli ingressi quand’erano ancora chiusi. Tutti in fila per fare il tampone, prima di andare al lavoro. Imbacuccati nei giacconi per ripararsi dal freddo, hanno aspettato che le serrande si alzassero. Parlando del tema del giorno. «Dobbiamo pagare per andare a lavorare. Solo in Italia possono succedere certe cose», borbotta un uomo in fila alla farmacia comunale di Fermo.
«Dicono tanto dei tamponi, ma, alla fine, noi che li facciamo siamo i più controllati», aggiunge una donna. La discussione si anima. Che chi dovrà fare il tampone ogni 48 ore sarà più sotto controllo di chi ha fatto il vaccino, non va giù a quelli che il vaccino proprio non vogliono farlo. «Ho paura – dice una donna –, gli altri li ho sempre fatti e li ho fatti fare anche ai miei figli.
La corsa al tampone per andare al lavoro è partita giovedì pomeriggio. Per quello di oggi è atteso un altro boom, in vista di lunedì mattina. Così, almeno fino a fine anno, a meno che gli irriducibili non gettino la spugna prima e si vaccinino. «Preferisco pagare», dice secca una donna che aspetta il suo turno davanti alla farmacia fermana. S’è accordata per un “pacchetto” di dieci tamponi a novanta euro. In altre farmacie i prezzi sono anche più bassi.
«La decisione spetta al singolo titolare, ma scendere di parecchio non è molto etico, non tanto per il prezzo in sé, quanto perché si agevola chi non vuole vaccinarsi. A questo punto, sarei più d’accordo a fare il tampone gratis a chi mi dice che, alla prima occasione utile, si vaccinerà», spiega Meconi. Che, come molti altri farmacisti, spera ancora di far cambiare idea agli indecisi del vaccino. Le «sacche di dubbio», le chiama, «dove, con professionalità e conoscenze si può parlare e spiegare, per capire se c’è margine di convincimento».
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Corriere Adriatico