Banche e interessi, più cause in Tribunale In qualche caso si muove anche la Procura

Banche e interessi, più cause in Tribunale In qualche caso si muove anche la Procura
FERMO - Banche sotto pressione. Al Tribunale di Fermo aumentano le cause per l'anatocismo, ma non solo. In qualche caso il fascicolo viene inviato alla Procura per analizzare...

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FERMO - Banche sotto pressione. Al Tribunale di Fermo aumentano le cause per l'anatocismo, ma non solo. In qualche caso il fascicolo viene inviato alla Procura per analizzare la vicenda dal punto di vista penale. L'anatocismo (o capitalizzazione degli interessi) consiste nella somma degli interessi con il capitale, che a sua volta si accresce, e sul quale vengono poi conteggiati nuovi interessi. In altre parole l'anatocismo può essere definito come l'applicazione degli interessi sugli interessi. Una pratica che avvantaggia le banche e penalizza i clienti. In passato era considerato legale, a partire dalla fine del 2004 invece la Suprema Corte di Cassazione l'ha definita non lecita, determinandone così l'orientamento giudiziario. Da quel momento le cause per anatocismo bancario sono aumentate, soprattutto negli ultimi periodi. E anche al Tribunale di Fermo sono molti, privati ma soprattutto aziende, che si rivolgono alla giustizia per pretendere la restituzione degli interessi illegittimi dalle banche. L'aumento delle cause è dovuto sia al passaparola tra gli imprenditori, sia alla pubblicità dei mass media e delle società di consulenza specializzate proprio nel calcolo degli interessi anatocistici, ma anche a causa delle difficoltà economiche del momento. Infatti, quando un'azienda è florida difficilmente intenta una causa contro la banca, che magari le sta dando dei finanziamenti. Sarebbe un autogol. Quando invece l'impresa è alla deriva o sta per chiudere è il momento giusto per far valere i propri diritti.


Sempre più spesso le banche vengono condannate alla restituzione dei soldi ma a Fermo è emersa una novità interessante: in un caso, il giudice del Tribunale, dopo aver emesso un'ordinanza che dà ragione al cliente della banca, ha inviato gli atti in Procura, invitando la stessa ad esaminarli per verificare eventuali risvolti penali. E' accaduto in una controversia intentata da un'azienda di accessori per calzatura del Fermano verso uno dei maggiori istituti di credito in ambito nazionale. L'azienda, tutelata dagli avvocati Adolfo Pesaresi di Ancona e Giovanni Calafiore di Porto San Giorgio, ha ottenuto dal Tribunale di Fermo un'ordinanza con la quale la banca viene condannata al pagamento di circa 83mila euro a favore dell'azienda ricorrente, più spese legali e, si legge nell'ordinanza stessa, "manda alla Cancelleria per la trasmissione di copia degli atti alla procura della Repubblica in relazione all'accertato superamento del tasso soglia anti-usura per il periodo che va dal primo trimestre 1998 all'ultimo del 2007". Probabilmente proprio per contrastare quest'azione, il legale difensore dell'istituto di credito coinvolto ha chiesto la sospensiva dell'ordinanza e ha presentato appello. Certo è che l'invio degli atti in Procura per valutare se la banca ha commesso un reato penale rappresenta una novità importante in questi processi che spesso, ma non sempre, si concludono con una condanna per le banche, soprattutto se l'azienda ricorrente riesce ad argomentare e a dimostrare, conti alla mano, di aver subito un trattamento anatocistico. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico