Calzature, gli industriali tornano dal Micam: «Va male, anzi no: siamo pronti a resistere come gli ucraini»

Calzature, gli industriali tornano dal Micam: «Va male, anzi no: siamo pronti a resistere come gli ucraini»
FERMO - «Hanno resistito i Viet Cong contro gli americani, sta resistendo l’Ucraina contro la Russia, non possiamo resistere noi?». Sono le parole di Fabrizio...

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FERMO - «Hanno resistito i Viet Cong contro gli americani, sta resistendo l’Ucraina contro la Russia, non possiamo resistere noi?». Sono le parole di Fabrizio Grassi, ceo di Fastema, società di Monte San Pietrangeli che detiene e gestisce lo storico marchio Aldo Bruè, il cui fatturato veniva generato per circa la metà dalle vendite in Russia. Come possono aiutare i calzaturifici colpiti dalle conseguenze dell’invasione russa le istituzioni? Grassi, incontrato al Micam, il salone delle calzature che si è chiuso ieri a Rho Milano, ha idee un po’ diverse dai ristori e dalla rimodulazione del debito per dare ossigeno alle imprese.

 
I particolari
Sono operazioni che considera basilari per avere la liquidità per poter investire. La prima proposta ha l’obiettivo di mitigare il caro energia: concedere il superbonus 110% anche alle imprese per installare pannelli fotovoltaici e coibentare il fabbricato industriale. La seconda è togliere alcuni ostacoli che ci sono quando si vende in un mercato alternativo. L’esempio è presto detto: Iran e Iraq. «Ho venduto delle scarpe in Iraq ma, a causa delle sanzioni, le banche locali non possono inviare i pagamenti alle nostre banche» racconta Fabrizio Grassi che poi prosegue: «Il cliente si è adoperato per by passare questa situazione e mi ha fatto pervenire il pagamento tramite Turchia. Però la banca italiana ha accreditato i soldi 15 giorni dopo il loro arrivo perché il mittente del bonifico e altri dati non corrispondevano alla fattura export». Il concetto di fondo su cui punta Grassi è che l’artigianalità marchigiana e italiana rappresentano un asset fondamentale per l’economia territoriale.


La domanda
«Se non preserviamo questo come possiamo immaginare il futuro?». Secondo lo stesso manager i mercati alternativi alla Russia sono molto difficili da conquistare con la Cina ancora chiusa causa pandemia, con gli Stati Uniti dove dominano i grandi marchi ma con i consumatori che non apprezzano la qualità e cercano o marchi o prezzo. Pelletteria Gironacci di Montegranaro, ad esempio, esporta in Vietnam attraverso un accordo di private label. In altre parole, l’unica produzione non destinata al proprio brand finisce proprio nel Paese del Sud est asiatico che negli anni Sessanta e Settanta fu teatro delle azioni dei Viet Cong. «Ma si stanno aprendo interessanti opportunità con brand europei che prima producevano in Asia e che invece, causa problemi di logistica, vogliono produrre in Europa e in Italia» afferma Roberto.


Lo sviluppo
Potenziare le entrate provenienti da attività di conto terzi potrebbe essere una efficace soluzione temporanea, soprattutto per una impresa come Gironacci che, particolarmente esposta nei confronti della Russia, sta affrontando il passaggio generazionale e sta investendo nelle vendite online, da affiancare alla distribuzione tradizionale nelle boutique di abbigliamento e nei negozi specializzati in pelletteria.


Il futuro


E ora dopo i saloni Micam e Mipel, chiusi con 29.468 presenze equamente ripartite tra Italia ed estero, si volta pagina restando naturalmente in attesa di vedere come saranno gli sviluppi della guerra e come continuerà a incidere sull’export del Fermano. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico