Calzaturieri, la manodopera scarseggia. I sindacati: «I migliori vanno dove c'è rispetto del loro lavoro»

Alessandro De Grazia della Cgil
FERMO - Manodopera qualificata e operai specializzati sembrano essere merce rara nel settore manifatturiero, soprattutto per la filiera della moda del distretto...

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FERMO - Manodopera qualificata e operai specializzati sembrano essere merce rara nel settore manifatturiero, soprattutto per la filiera della moda del distretto Fermano-Maceratese: le griffe sbarcate nel distretto attraggono personale lasciando a bocca asciutta le realtà locali. Il lavoro c’è, quindi, ma manca chi assumere: questo il problema ma gli imprenditori locali avrebbero a portata di mano anche la soluzione, secondo le organizzazioni sindacali.

 

Le valutazioni


«Non possiamo negare che gli investimenti fatti nel territorio dalle griffe siano positivi. Cresce il distretto - commenta Francesco Interlenghi, delegato regionale moda per la Cisl - e crescono anche le aziende locali. È vero anche che le aziende locali hanno attraversato un periodo complicato, fino a pochi anni fa si parlava di area di crisi complessa nel Fermano-Maceratese.

La sfida della realtà più piccole è quella di costruire delle politiche di contrattazione sui premi di risultato per la ridistribuzione delle risorse ai lavoratori, fare accordi interni di sicurezza, di welfare aziendale e territoriale. Queste sono tutte misure che rendono più attrattivo il sistema dell’industria calzaturiera, il lavorare in fabbrica. Accade - spiega il sindacalista - che il lavoratore se ne vada non per una mera questione economica ma per cercare un clima rispettoso, del lavoratore e della persona. Occorre portare avanti delle politiche che siano di tutela e crescita per tutto il distretto. Su questo aspetto, abbiamo un tavolo regionale aperto della moda come Femca Cisl, voluto fortemente dal nostro segretario regionale Piero Francia, all’interno del quale abbiamo posto due questioni centrali: le politiche di filiera che redistribuiscono il lavoro alle realtà del territorio, senza scordare la filiera dei diritti dei lavoratori, e l’altra questione riguarda la formazione». Il delegato Cisl ricorda che per anni alcuni reparti della calzatura sono stati delocalizzati all’estero e si sono perse alcune professionalità.

 


«Le varie griffe insediate qui nel Fermano - specifica Alessandro De Grazia, segretario generale Cgil della provincia di Fermo - hanno attirato forza lavoro e le ragioni ho provato a spiegarle in diverse occasioni, anche nel tavolo provinciale per la competitività e lo sviluppo. Il lavoratore trova accordi integrativi aziendali sottoscritti insieme al sindacato e costruiti insieme alle rappresentanze sindacali aziendali, trova un sistema premiale costruito su obiettivi concordati, viene riconosciuta una serie di premi economici e si contratta l’orario del lavoro, si decidono insieme i piani in ferie».

 


«La qualità della contrattazione integrativa delle griffe la possiamo ritrovare al massimo in quattro aziende locali rispetto alle 15 mila presenti - chiude il sindacalista -. Nel nostro territorio questo accade per mille ragioni e tante sono culturali. Non ci sono relazioni sindacali che ci consentano di fare il salto di qualità, che oggi è indispensabile, perché le lamentele diffuse che non si trovano lavoratori dipendono dal 99% dei casi dalla qualità del lavoro offerto».
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Corriere Adriatico