FERMO - Non si trova un braccialetto elettronico e Amedeo Mancini, l’ultrà di Fermo accusato di omicidio per la morte del migrante nigeriano Emmanuel Chidi Nmadi,...
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«Sembra che in tutta Italia - affermano ancora i legali di Mancini, che è in carcere dai primi di luglio - siano a disposizione solo 2.000 braccialetti e siano sempre tutti impegnati, per cui bisogna mettersi in una sorta di lista d’attesa per beccarne uno. Ora abbiamo rivolto una nuova istanza al giudice di Fermo perché riesca a procurare uno di questi aggeggi e così, quanto meno, mettere in pratica la valutazione del Tribunale del riesame. Speriamo dunque che, entro qualche giorno o qualche settimana al massimo, Amedeo possa tornare a casa». Entrando nel merito dei provvedimenti, «il Tribunale di Ancona - riferiscono De Minicis e Piattoni - dà per pacifico che Mancini sia stato aggredito fisicamente con le mani e con il segnale stradale, ma gli rimprovera di non essere scappato e di avere in qualche modo accettato la sfida. Una ricostruzione, questa, che non condividiamo, perché restiamo convinti che Amedeo si sia solo legittimamente difeso: essa, comunque, toglie definitivamente di mezzo le odiose bugie che circolavano i primi giorni a carico del nostro assistito». Mancini, a cui è contestata anche l’aggravante dell’odio razziale, è accusato di aver dato della «scimmia africana» alla moglie di Emmanuel, che reagì venendo poi colpito con un pugno dall’ultrà. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico