Nuovi resti dell'Antica Roma, la sorpresa dopo una foto scattata da Google Earth: «Sotto il campo c'è un tesoro»

Nuovi resti dell'Antica Roma, la sorpresa dopo una foto scattata da Google Earth: «Sotto il campo c'è un tesoro»
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FALERONE - Una domus. Forse, un foro. Saranno il tempo e gli “occhi” del georadar a dire cosa si nasconde sotto un terreno dell’antica Falerio Picenus. E se il parco archeologico di Piane di Falerone s’arricchirà di altre meraviglie. Quel che è certo è, a poca distanza dal Teatro Romano, c’è qualcosa.

 

Ne è certo Paolo Storchi, professore di Archeologia del paesaggio dell’Università di Bologna, sede di Ravenna, che ha fatto la scoperta, pubblicata nell’ultimo numero della rivista di settore “Archeologia Viva”. Da tempo, l’area in questione è sotto osservazione, tanto che è stata vincolata dalla Soprintendenza e sottoposta a indagini geofisiche che hanno confermato la presenza di reperti di interesse archeologico. Ma ci si era fermati lì. Poi è arrivato Storchi che, osservando una foto scattata da Google Earth, ha notato qualcosa di strano nel terreno: «Tanti allineamenti con delle linee chiare, un fenomeno legato alla crescita della vegetazione».


È lo stesso docente a raccontarlo in un post pubblicato su Facebook. Secondo la teoria che ha elaborato, le linee chiare della foto sono le radici degli alberi nati vicino a muri sotterranei, che, non avendo trovato sbocchi per crescere, si sono seccate. Mentre, dove le radici non hanno trovato intralci, le piante sono cresciute normalmente (la parte verde). Le linee chiare, insomma, disegnerebbero i contorni dei reperti nascosti. L’ipotesi, sposata dalla Soprintendenza archeologica di Ascoli Piceno, Fermo e Macerata, andrà adesso avvalorata da nuove indagini geofisiche. I risultati dovrebbero arrivare in primavera. Se fosse vero, la scoperta sarebbe di quelle sensazionali e obbligherebbe a «ripensare l’urbanistica della città». Incrocia le dita il Comune che ha siglato una convenzione con l’Università di Bologna. E che vorrebbe riprendere la campagna di scavi, per attrarre turisti e studenti universitari. Fin qui i buoni auspici.

La realtà, però, dice altro. Perché, se davvero sotto il terreno in esame si nascondono tesori di epoca romana, una volta tornati alla luce, andrebbero musealizzati, cioè resi visibili alla gente. Solo che farlo costa. Parecchio. «Speriamo nel Pnrr. Attualmente, per interventi di questo genere non c’è granché, ma dovrebbero arrivare tanti fondi e, magari, qualcosa ci sarà», dice l’assessore alla Cultura, Leonardo Stortoni. L’altro problema, che arriva prima, riguarda il fatto che il terreno, ma anche un altro vicino alla palestra comunale, pure quello oggetto di studio, sono privati. Che tradotto significa più passaggi, più costi e tempi più lunghi. Più brevi, invece, saranno quelli per vedere ricostruito il Teatro Romano, com’era duemila anni fa. Anche qui c’entra l’Università di Bologna che, con i fondi del Gal Fermano ottenuti dal Comune e sulla base di una prima ricostruzione fatta dall’ungherese István Váli, dell’Università di Budapest, ha ricreato con la realtà aumentata l’apparato decorativo del teatro, che i visitatori potranno vedere sul cellulare, scannerizzando un Qr Code, dalla prossima estate. Quando sarà pronta anche la nuova cartellonistica dell’area archeologica.

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Corriere Adriatico