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FERMO - Lo chiamano “effetto Covid” ma è solo un’accelerazione di un trend in atto da diversi anni. Il trend è quello della chiusura dei negozi: 69 quelli che hanno abbassato le serrande a Fermo dal 2012 al 2020.
Il centro storico è più penalizzato, visto che ha chiuso uno store su 5. Va meglio nelle zone extra centro storico dove il numero delle chiusure è inferiore. La nascita e la diffusione dei centri commerciali, lo sviluppo delle vendite online e ora la crisi da pandemia sono solo alcune ragioni che hanno mandato in crisi gli esercizi.
I numeri
Passiamo ai numeri, frutto delle elaborazioni dell’Ufficio Studi Confcommercio sui dati provenienti dal centro studi Camere di Commercio G. Tagliacarne. Al termine dell’anno 2012, nel centro storico di Fermo, c’erano 99 negozi mentre 310 erano quelli presenti nel territorio comunale restante (escluso il centro storico). Otto anni dopo e cioè alla fine del 2020, i numeri sono profondamente cambiati. Nel centro sono rimasti in piedi 79 esercizi, con un calo del 20%. In altre parole, negli ultimi otto anni, uno store su 5 è stato costretto a chiudere l’attività. Sono generi alimentari, negozi classificati come “altri prodotti in esercizi specializzati”, prodotti per uso domestico, mentre hanno tenuto botta i punti vendita non specializzati, gli articoli culturali e ricreativi e le farmacie.
Nell’area extra centro storico siamo passati da 310 negozi del 2012 ai 261 del 2020, con una riduzione del 16%.
Per ora, a Fermo, il settore formato da alberghi, bar e ristoranti è in tenuta. Complessivamente nel 2012, nel centro storico del capoluogo di provincia, c’erano 33 attività aperte in questo settore rispetto alle 41 del 2020. Fuori dal centro storico le attività sono passate da 178 a 170. Complessivamente 211 attività nel 2012 e 211 nel 2020. La variazione da segnalare è che il numero di bar e ristoranti è cresciuto nel centro storico ed è sceso altrove.
Il commento
Per il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli: «Occorre reagire per dare una prospettiva diversa alle nostre città che rappresentano un patrimonio da preservare e valorizzare. Le direttrici sono tre: un progetto di rigenerazione urbana, l’innovazione delle piccole superfici di vendita e una giusta ed equa web tax per ripristinare parità di regole di mercato tra tutte le imprese». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico